venerdì 12 agosto 2016

Inside No. 9

Prendete film come: Parola ai giurati, Nodo alla gola, Occhi nella notte, Clerks, Buried, Saw - L'enigmista, In linea con l'assassino, Locke, La scomparsa di Alice Creed, Dobbiamo Parlare e Perfetti Sconosciuti. Cosa accomuna tutti questi film? Il fatto di essere ambientati tutti nella maggior parte in uno spazio chiuso che può essere una bara, una macchina, un bagno o semplicemente un appartamento.
Film come questi danno un senso di claustrofobia, ma proprio per questo motivo che noi spettatori ci avviciniamo di più ai personaggi di queste storie e ai loro drammi. Ambientare storie in uno spazio ristretto è tipico del cinema (soprattutto quello indipendente) che a sua volta deriva dal teatro e infatti alcuni di questi film si ispirano a piece teatrali, ma un format di questo tipo funziona anche nella televisione. Inside No. 9 è un ottimo esempio.



Se Black Mirror raccontava del rapporto che c'è tra le persone e la tecnologia, Inside No. 9 racconta del rapporto interpersonale che intercorre tra le persone e quale luogo adatto per raccontare questo tipo di storie se non uno spazio chiuso che può essere un appartamento oppure una cuccetta di un treno ma tutti accomunati dal numero 9, da qui il titolo della serie.
Metti un gruppo di persone in un ambiente ristretto e usciranno fuori tutti i loro segreti, come ci viene raccontato nel primo episodio della prima stagione, Sardines, ambientato per lo più in un armadio che crea un vero senso di claustrofobia.

Come Black Mirror, anche Inside No. 9 è una serie antologica cioè ogni episodio è autoconclusivo, ma a differenza della serie di Charlie Brooker,ogni episodio della serie di Steve Pemberton e Reece Shearsmith è caratterizzato dal colpo di scena finale. E' una grande scrittura che esplora in modo cinico temi diversi, ma soprattutto si ride visto che siamo nella dark comedy.

Da ricordare ci sono ben due episodi sperimentali. Il primo, A Quiet Night In, come dice suggerisce il titolo stesso è un episodio privo di dialoghi, ma è presente solo una battuta in tutta la storia. Mentre nel secondo, Cold Comfort, la storia ci viene raccontata attraverso le camere di sorveglianza di un centro stile "telefono amico".

Oltre a questi due episodi, è bene menzionare 12 days of Christine, il miglior episodio di tutta la serie. Viene raccontata la vita di Christine, una comune ragazza, attraverso dodici giorni chiave della sua vita. In questi dodici giorni ci vengono narrate le paure e le speranze di questa ragazza.  Alla fine la vita di Christine è la vita di tutti noi: piena di delusioni, ma anche di momenti felici, come le rammenta il padre "this is meant to be happy memory."
A differenza di tutti gli altri episodi non è divertente ma drammatico. E' un episodio perfetto da tutti i punti di vista: scrittura, regia, fotografia, recitazione, ma soprattutto dal montaggio: ho adorato come venivano raccordato le varie scene. Ce ne sarebbero da dire su questo episodio, ma dovrei spoilerare troppo e non è il caso.



Inside No. 9 è la dimostrazione che non serve un grosso budget per raccontare grandi storie ma serve soprattutto una grande scrittura e consiglierei questa serie ad aspiranti registi e sceneggiatori che vogliono cimentarsi nei cortometraggi perché alla fine ogni episodio è un cortometraggio visto che dura mezz'ora.  A proposito di sceneggiatura, la BBC ha pubblicato sul suo sito le sceneggiature rispettivamente di Sardines, A Quiet Night In e 12 days of Christine. Le potete trovare qui.

Come Black Mirror, anche Inside No. 9 sta per ritornare con una terza stagione. Aspettiamoci un autunno di grandi storie.