lunedì 7 novembre 2016
Black Mirror: Uno spaventoso riflesso
"Si, ma adesso non riescono a fare a meno dei loro compagni. Rispecchiano ciò che siamo. Tutto ciò che ci riguarda", sottolinea Blue alla sua collega in Odio Universale (Hated in the Nation), l'episodio finale della terza stagione di Black Mirror. Per compagni lei intende gli smartphone, ma il termine si potrebbe estendere anche ai tablet e ai computer. Sono loro gli specchi neri che danno il titolo alla serie di fantascienza creata da Charlie Brooker.
E' stata distribuita recentemente su Netflix la terza stagione di Black Mirror. Sono sei episodi, diversamente dalle prime due stagioni che ne avevano tre a stagione più un ottimo speciale natalizio, Bianco Natale (White Christmas). Rimane sempre il tema conduttore di tutta la serie: il rapporto tra l'uomo e la tecnologia. Si racconta di una tecnologia sempre invasiva.
Lo scenario mostrato in Caduta libera (Nosedive) è un mondo dove la gente è ossessionata dai social network. Tutti girano con uno smartphone e danno i voti alle persone che incontrano. Non si può fare a meno di far risaltare la propria immagine sulla rete per avere più voti. Chi ha un voto basso, tipo sotto il tre, viene discriminato nella società. L'immagine che ci colpisce maggiormente di questo episodio è Lacie (Bryce Dallas Howard) che si guarda nello specchio e fa una risata finta per avere più stelle. Sui social network non siamo veramente noi stessi, fingiamo per avere l'approvazione di tutti e per sentirci amati. Questo scenario non è molto lontano dalla realtà. Una realtà dove la nostra reputazione cresce in base ai like che riceviamo su Facebook.
La tecnologia diventa ancora invasiva in Giochi pericolosi (Playtest). Il protagonista usa le applicazioni del proprio telefono cellulare in ogni aspetto della sua vita, dal rimorchiare le ragazze al cercare un lavoro, tranne per per la cosa più basilare: rispondere alla chiamate della madre. La vita stessa diventa un'app. Cooper (Wyatt Russell) vive come se fosse dentro un videogioco. Gli riesce difficile a distinguere il mondo reale da quello virtuale. Lo smartphone viene visto come un'interferenza nella nostra vita. Brooker qui si addentra nell'horror. Dobbiamo avere paura di questi specchi neri.
Odio universale chiude il cerchio. Se in Caduta libera si usavano i social network per farci sentire amati, qui vengono usati per per incitare all'odio. L'autore britannico ci mostra come Twitter e gli hashtag possano portare la morte a delle persone. Si parla quindi di gogna mediatica e cyberbullismo che spingono spesso le vittime a gesti di suicidio, argomenti purtroppo sempre attuali. L'odio è come un hashtag: c'è sempre qualcuno che inizia e poi si diffonde. Anche quando sono accessi, gli schermi dei cellulari e dei computer sono neri. Mostrano il peggio di noi.
Black Mirror non è solo una serie televisiva, è il riflesso cupo di una società che ci fa paura. Anche se ci spaventa, va vista. Abbiamo bisogno di vedere questo lato oscuro di questo mondo tecnologico. Alla fine di un tunnel c'è sempre la luce e ,chissà, un giorno questo specchio nero non sarà più nero, ma luminoso.
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