venerdì 31 ottobre 2014

Il cavaliere oscuro - Il ritorno


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Se con Batman Begins si era esplorato il tema della paura e con Il cavaliere oscuro (The Dark Knight) il tema del caos, con Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises) si esplora il tema del dolore. Infatti il villain associato alla tematica del film è Bane, il cui nome ricorda pain che in inglese significa appunto dolore e indossa una maschera per lenire il proprio dolore. Bane è una grande sfida per Bruce e gli procurerà tanto dolore, sia fisico che psicologico.
Siccome nel film Bane, interpretato da un bravissimo Tom Hardy, è la più grande minaccia che Bruce abbia mai affrontato, anche il film si ingigantisce cioè tre quarti della pellicola sono stati girati in Imax, un formato capace di mostrare un'immagine più grande e con una migliore risoluzione rispetto alla proiezioni convenzionali. Ingigantendo il film però Nolan si cura poco della sceneggiatura. Non si parla di buchi di sceneggiatura, ma di una sceneggiatura che non funziona proprio in certi punti. Per esempio, il vice-commissario Peter Foley, interpretato da Matthew Modine, è un personaggio inutile ai fini della narrazione. Il finale ambientato a Firenze si poteva evitare. Nonostante questi difetti, ci sono ben due scene grandiose, quella iniziale, il teaser dove si introduce il personaggio di Bane, e quella ambientata nel pozzo dove si avverte un forte simbolismo. Uscire dal pozzo significa uscire dal proprio dolore. Si ricollega così a Batman Begins dove Bruce per superare le proprie paura entrava nella caverna piena di pipistrelli. Ritorna anche il fatto che Batman è solo un simbolo perché chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino, per fargli capire che il mondo non è finito.

venerdì 24 ottobre 2014

Inception

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Ogni storia del cinema ha un suo viaggio, come ci insegna Christopher Vogler. Cobb, il protagonista di Inception, viaggia e spera alla fine di questo tragitto di ritornare dai suoi figli. Il viaggio che compie Cobb è particolare perché si svolge in due livelli. Il primo è quello proprio fisico dove lui è in aereo con il suo team, il cliente (Saito) e la vittima (Fischer). Il secondo è quello inconscio perché viaggia nel sogno di Fischer per inculcargli un'idea, ma per arrivare al suo subconscio deve attraversare vari livelli e ad ostacolarlo ci sarà Mal. Non è una vera cattiva, ma è la defunta moglie di Cobb, che appare nei suoi sogni che rappresenta il suo senso di colpa. Così appare evidente che il vero viaggio che compie Cobb non è altro che un viaggio per affrontare il suo conflitto, la morte di Mal, e solo dopo aver risolto questo conflitto potrà ritornare dai suoi figli.
Alla fine Cobb è una metafora del regista, in questo caso Christopher Nolan. Come il ladro di idee, ha un suo team, Wally Pfister (premiato con un oscar alla fotografia per Inception) e Hans Zimmer, e manipola i sogni. In fondo, il cinema è un sogno e il regista arriva a realizzarlo manipolandolo, cioè dirigendo gli attori e scegliendo i punti macchina giusti. E' un' abile manipolazione la sua visto che usa poca CGI cioè l'assenza di gravita che vediamo in una scena l'hanno realizzata attraverso un set che ruota. Il regista, anzi l'estrattore, realizza così un ottimo thriller psicologico, una via di mezzo tra un film d'autore e un blockbuster, un sogno,che per Freud sarebbe un desiderio non appagato. Il desiderio di Cobb è ritornare dai suoi figli.  Visto in questo modo,  il sogno in cui si vede in tutto il film non è quello di Fischer, ma quello di Cobb. Quello che vediamo verso la fine non ci è dato sapere se è un sogno o realtà, ma ciò che conta è che Cobb ha appagato il suo desiderio. Questo è quello che succede a noi quando vediamo un film: appaghiamo i nostri desideri. Il cinema è un grande sogno condiviso. 

venerdì 17 ottobre 2014

Il cavaliere oscuro

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La prima scena, anzi la prima sequenza, girata peraltro in formato Imax, ci fa capire fin da subito che tipo di film sarà Il cavaliere oscuro. Non un semplice film sui superoi,  ma un noir. In questo teaser vediamo dei rapinatori, con indosso delle maschere da clown, che rapinano una banca, ma iniziano a uccidersi tra di loro, senza un apparente motivo. Viene introdotto così il tema principale di tutto il film: il caos. Se in Batman Begins la tematica della paura era associata al villain Spaventapasseri, qui la tematica del caos è associata a Joker. Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo, dice Alfred a Bruce riferendosi Joker. Lo scopo di Joker non sono i soldi, tanto che i soldi che ha rubato li brucia, ma creare il caos a Gotham, la vera protagonista del film, caratteristica dei noir. Joker vuole tirare fuori il lato negativo dei cittadini di Gotham: cosa farebbero pur di salvarsi? Scena emblematica è infatti quella dei due traghetti, ispirandosi al dilemma del prigioniero, che è un vero trattato di sociologia. Così, il film è una metafora dell'uomo che ha due facce, un lato buono e un lato cattivo. Infatti, un personaggio che meglio rappresenta questo concetto di dualità è Harvey Dent, noto come Duefacce. Le circostanze portano un onesto procuratore a diventare uno spietato assassino. La stessa cosa succede a Batman che comincia a essere un personaggio più dark e infatti nel titolo non c'è la parola Batman come nei precedenti film, ma The Dark Knight, Il cavaliere oscuro.  
Nella scena dell'interrogatorio tra Batman e Joker si possono vedere ben due scavalcamenti di campo accompagnati da carrellate. Si avverte un forte squilibro, appunto il caos,  ma si vuole anche mettere sullo stesso livello i due personaggi. Questa è la regia di Christopher Nolan che ci regala un capolavoro dove si nota una grande interpretazione di Heath Ledger, premiato con un oscar postumo.

lunedì 13 ottobre 2014

Una sola trama: Chi sono io?

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 L'altro giorno ho visto Amazing Spiderman, per intenderci quello di Marc Webb e con Andrew Garfield nel ruolo di Peter Parker/Spiderman. Non mi metterò a discutere sulla qualità del film, visto che rimango fedele allo Spiderman di Sam Raimi, ma voglio prendere in esame la scena finale. Miss Ritter, l'insegnante di letteratura di Peter, dice ai suoi studenti una cosa che fa davvero riflettere sulle storie che leggiamo o  vediamo.

I had a professor once who liked to tell his students that were only 10 different plots in all of fiction. Well, I'm here to tell you he was wrong. There is only one: "Who am I?"

Una volta avevo un professore che amava dire agli studenti che esistono solo 10 trame diverse in tutta la narrativa. Be, io sono qui per dirvi che si sbagliava. C'è ne soltanto una: "Chi sono io?"

Secondo un articolo del Sunday Morning Herald, il professore di Miss Ritter potrebbe essere  Philip Pullman, autore della famosa trilogia fantasy Queste oscure materie, poiché è colui che ha formulato questa teoria delle 10 trame diverse in tutta la narrativa: 1 Cenerentola (la figura oppressa rivela una forza nascosta); 2 Cappuccetto Rosso (la seduzione dell'innocenza); 3 La bella e la bestia (la trasformazione del mostro); 4 Romeo e Giulietta (il ragazzo incontra/perde la ragzza); 5 Tristano e Isotta (il triangolo amoroso); 6 Shane (l'incorrutibile salvatore che potrebbe essere etichettato come Jack Reacher o John McLane, poiché nessuno sotto i 30 anni ha visto Shane);  7 Psyco (l'orrore nel buio); 8 Orfeo ed Euridice (il tesoro perduto e non riguadagnato abbastanza); 9 Achille (la debolezza fatale); 10 Faust (il condannato affare). Maggiori approfondimenti nel suddetto articolo.

Prendiamo adesso l'ultima parte dell'affermazione di Miss Ritter. C'è ne soltanto una: "Chi sono io?" Questa solo trama è riconducibile probabilmente al monomito di Joseph Campbell, conosciuto anche come L'eroe dai mille volti, a cui si rifà poi Christopher Vogler per Il viaggio dell'eroe, libro che dovrebbe conoscere chiunque voglia diventare uno sceneggiatore.  Campbell, per questo monomito, che si ritrova in tutte le storie che leggiamo o vediamo, si era rifatto alle teorie di Jung sugli archetipi. Si può dire quindi che tutte le storie ci psicanalizzano.
   
La comprensione può essere di natura più profonda. Dopo essere scampati alla morte, qualche volta gli Eroi possono maturare una maggiore consapevolezza di sè. Vedono chi sono, il posto che occupano nell'ingranaggio, le volte in cui sono stati sciocchi od ostinati. Cade la benda che avevano sugli occhi e l'illusione della loro vita lascia il posto alla lucidità e alla verità. Forse non durerà a lungo, ma per un po' gli Eroi vedono sé stessi nitidamente.

In diversi film di generi diversi, come La migliore offerta, Spiderman Mulholland Drive, Into The Wild, Batman Begins, Strade Perdute, Una pura formalità, Memento, L'uomo senza sonno, Il signore degli anelli, Gli Spietati, Il re leone, Gran Torino, Shutter Island, ritroviamo questa consapevolezza di sé. La ritroviamo anche in serie televisive come Lost. I naufraghi, attraverso l'isola, arrivano a scoprire loro stessi. In Person of interest invece è diverso: non è l'eroe a scoprire chi è lui veramente, ma è la persona d'interesse dell'episodio.

Il lettore o lo spettatore troverà sempre nelle sue storie la risposta a questa domanda: chi sono io?


venerdì 10 ottobre 2014

The Prestige


Image and video hosting by TinyPicOsserva attentamente. Ci dice una voce fuoricampo nella prima inquadratura dove vediamo parecchi cilindri per terra. In questo modo Nolan ci deve di osservare attentamente il film che non è altro che un gioco di prestigio e infatti il film si chiama The Prestige. Chi ha osservato bene, può già capire qual è il trucco di questo numero di magia del film.  A sottolineare ancora che il film è un numero di magia è il monologo di Cutter, mentore dei due prestigiatori rivali, Angier e Borden. Ogni numero di magia è composto da 3 parti o atti. La prima parte è chiamata “La promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino, o un uomo. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede  di ispezionarlo, di controllare se sia davvero reale, sia inalterato, normale. Ma ovviamente…è probabile che non lo sia.  Il secondo atto è chiamato “La svolta”. L’illusionista prende qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna farlo riapparire. Ora voi state cercando il segreto…ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Per questo ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “Il prestigio”. Questi tre atti corrispondono ai classici tre atti di una sceneggiatura e quindi un film. A un certo punto ci viene detto esplicitamente il trucco di questo  numero di magia, ma, noi non vogliamo crederci, perché, come dice Cutter, noi vogliamo essere ingannati. Cos’è un film se non un numero di magia. Alla fine noi siamo consapevoli che il cinema è un’illusione ma vogliamo essere ingannati per emozionarci mentre guardiamo un film.  Concetto che viene ribadito verso la fine da Angier. Il pubblico conosce la verità. Il mondo è semplice, miserabile, solito o del tutto reale. Ma se riuscivi a ingannarli anche per un secondo, allora potevi sorprenderli. Allora riuscivi a vedere qualcosa di molto speciale. Davvero non lo sai? Era quello sguardo sui loro volti.
Basandosi sull’omonimo romanzo di Christopher Priest , il regista Christopher Nolan scrive la sceneggiatura  insieme al fratello Jonathan e mette in scena questo numero di magia dove si assiste alla sfida all’ultimo sangue tra due prestigiatori, Angier (Hugh Jackman) e Borden (Christian Bale), nella Londra vittoriana. Questa ossessione di prevalere sull’altro mette alla dura prova i due prestigiatori. e comporta per loro dei duri sacrifici E’ una sfida narrata non linearmente, ma come Memento, questo tipo di intreccio è giustificato dal fatto che entrambi i prestigiatori leggono il diario dell’altro.
Nolan, grande regista, anzi grande prestigiatore ci regala questo capolavoro e ci insegna come dovrebbe essere un film: un numero di magia capace di stupire ed emozionare lo spettatore.


domenica 5 ottobre 2014

David Lynch

Image and video hosting by TinyPic Definire David Lynch solo un regista è troppo semplicistico. Lui è un artista a 360°. Nasce essenzialmente come pittore. Va così a studiare alla Accademia delle Belle Arti della Pennsylvania. Qui realizza il suo primo corto, Six figures getting sick. Verrà poi ammesso alla American Film Institute.  
Con la sovvenzione della sua scuola di cinema riesce a realizzare il suo primo lungometraggio, Eraserhead - La mente che cancella. Questo film è l'unico della sua filmografia che si avvicina di più ai suoi quadri e ai suoi corti. Narra di Henry, un tipografo, che diventa padre ma sua moglie partorisce non un neonato, ma un essere deforme, un mostro. Su come Lynch abbia realizzato il neonato rimane tuttora un mistero perché non ha mai voluto spiegarlo. Pochissimi dialoghi ma si capisce che il film non è altro che una metafora della paura di essere padre. A renderlo ancora più surreale, come appunto i suoi quadri e i suoi corti, è l'uso del bianco e nero, scelta che userà per il suo secondo lungometraggio.
Mel Brooks, dopo aver visto Eraserhead - La mente che cancella, decide di affidare la regia di  The Elephant Man a David Lynch che si occuperà anche della sceneggiatura. E' la storia vera di John Merrick, uomo nato deforme nella Londra Vittoriana. Il film, che ci insegna a non essere superficiali e vedere oltre le apparenze, concetto che ritornerà qualche anno più tardi in due opere del regista visionario, consacra Lynch come nuovo grande cineasta. 
George Lucas gli propone la regia de Il ritorno dello Jedi, ma lui rifiuta. Tuttavia Lynch finisce lo stesso per fare un film di fantascienza, Dune, tratto dal romanzo di Frank Herber, sotto la produzione di Dino De Laurentis. Il suo peggior film che mi ricorda quasi un sci-fi di serie b. Lynch attribuisce la colpa di questo risultato al fatto che non avesse il final cut ossia l'ultima parola sul montaggio, errore che lui non ripeterà mai più.
Qualche anno più tardi realizza con la stessa casa di produzione, ma stavolta avendo il controllo creativo su tutta la produzione, e con lo stesso attore protagonista, Kyle MacLachlan, Velluto Blu.  E' un noir ambientato in una cittadina della provincia americana che ci porta oltre al di là della superficie di questa America idilliaca per portarci in un mondo oscuro. La porta per questo nuovo mondo è un orecchio mozzato. Il passaggio in questo nuovo mondo viene sottolineato da una carrellata in avanti sull'orecchio e verso la fine l'uscità dal mondo oscuro per ritornare al mondo idilliaco di tutti i giorni viene sottolineata da una carrellata all'indietro dall'orecchio.
La stessa tematica di Velluto Blu verrà ripresa in Twin Peaks, serie televisiva creata insieme a Mark Frost. Si può dire che è la madre di tutte le serie moderne perché ha cambiato il modo di fare televisione. Lost, una grandissima serie, è un'erede della serie di Lynche e Frost. Tutta la serie ruotava alla domanda: chi ha ucciso Laura Palmer. Poiché la produzione impose a Lynch di svelare subito l'assassino di Laura Palmer, la serie ebbe un calo di ascolti e venne cancellato alla seconda stagione con un finale clffhanger. Non contento di questa cancellazione realizza Fuoco cammina con me, un prequel delle avventure di Dale Cooper, che però non riesce a raggiungere il successo della serie.  Adesso, per via dei twett di Lynch e Frost, si vocifera che ci sarà un terza stagione. Potrei scommettere che lo farà uscire tra due anni visto che Laura Palmer dice a Dale Cooper "Ci vediamo tra 25 anni."
Durante il successo di Twin Peaks realizza poi Cuore selvaggio, un film grottesco e violento. Un road movie che vuole essere un suo personale omaggio a Il mago di Oz. Sebbene sia stato premiato a Cannes con la palma d'oro, Cuore Selvaggio non è uno dei suoi migliori film. Mi ricorda più un film di Tarantino che un film di Lynch.
Esce poi Strade Perdute, primo capitolo di una trilogia onirica. Narra della fuga psicogena di un uomo e viene introdotto il tema del doppio, caratteristica di questa trilogia. La struttura del film si può collegare alla teoria del nastro di Moebius.  Si può dire che è un road movie nell'inconscio di un uomo. Infatti, il film inizia e finisce con la stessa inquadratura: un macchina che corre in una strada di notte.
Arriva poi Una storia vera che ha una storia lineare e semplice, il film meno lynchano.  E' l'unico film di cui non è occupato della sceneggiatura perchè è stato scritto dalla sua montatrice di fiducia, Mary Sweeney, insieme a John Roach. Come dice il titolo originale, Straight Story, è la storia vera di Alvin Straight, un signore anziano, che viaggia su un tagliaerba per andare a trovare il fratello che ha avuto recentemente un infarto. Sebbene sia lontano dalla sua poetica,  è  il film più toccante di Lynch dai tempi di The Elephant Man. Il viaggio che fa Alvin non è altro che un suo viaggio interiore. Registicamente, Lynch usa molti campi lunghi per esaltare i paesaggi in cui si trova a viaggiare Alvin e questo viene aiutato molto dalle bellissime musiche di Angelo Badalamenti.
La trilogia onirica continua con Mulholland Drive, il suo capolavoro, scritto e diretto magistralmente. Nasce essenzialmente come un pilota di una serie che poi non si è fatta ma poi ha deciso di trasformarlo in un lungometraggio. In questo thriller psicologico Lynch ti sbatte fin da subito l'indizio per risolvere questo puzzle movie, ma, come direbbe il buon Cutter, noi non vogliamo crederci , vogliamo essere ingannati. Tra l'altro questo concetto ritorna anche nella scena del Club Silencio. Mulholland Drive è un film sulla ricerca della propria identità e si esplora così l'inconscio della protagonista.
Il suo ultimo film è Inland Empire - L'impero della mente è il film più complesso di Lynch.  La durata eccessiva non aiuta molto a capire la storia. Anche qui, come nei due precedenti due capitoli della trilogia, viene esplorato il tema del doppio. Un film surreale visto che l'ha girato in digitale e si nota un grande uso di primissimi piani.
Alla fine cos'è il cinema per Lynch? Un quadro in movimento.E' proprio per questo che non ha mai voluto spiegare cosa significassero i suoi film perché vuole che sia lo spettatore a interpretare i suoi film. In fondo, è questo il bello dell'arte e Lynch è un artista.

venerdì 3 ottobre 2014

Batman Begins

Il tema principale del film è la paura.  Quando Ducard chiede a Bruce di cosa ha paura, il miliardario pensa all’omicidio dei suoi genitori.  Bruce, per sconfiggere la paura, decide di diventare paura e assume così come simbolo un pipistrello perché, come dice lui stesso,  se lui ha paura dei pipistrelli, anche i suoi avversari dovranno temerli.  Non a caso Nolan mette nel film un villain tematico,  lo Spaventapasseri che ha l’abilità di instillare le paure nelle persone.   Inoltre, Bruce capisce dal boss mafioso,  Carmine Falcone, che l’arma più potente è la paura. Attraverso questo tema Christopher Nolan narra le origini di Batman e lo fa con questo reboot, Batman Begins, il primo capitolo di una trilogia che vuole raccontare le origini di questo supereroe in un contesto realistico, a differenza del Batman di Tim Burton. Infatti, in tutta la trilogia ne’ lui ne’ i suoi avversari  hanno superpoteri. L’intero film è un viaggio drammaturgico di un uomo che alla fine diventa qualcun altro e sembra quasi che Nolan e Goyer per scrivere il film, oltre a prendere qualcosa dai fumetti come Anno Uno di Frank Miller, hanno preso molto da Il viaggio dell'eroe di Chris Vogler, libro che chiunque voglia scrivere sceneggiature dovrebbe conoscere. C’è molta introspezione e non  sembra neanche un film tratto dai fumetti visto che Batman compare circa un’ora dopo dall’inizio del film. Batman Begins  non narra semplicemente le origini di un eroe, ma soprattutto narra la storia di un uomo che deve sconfiggere le sue paure.  Questo concetto è molto simboleggiata dalla scena dove Bruce viene circondato dai pipistrelli nella caverna, aiutata dall’ottima fotografia di Wally Pfister e dalle musiche di Hans Zimmer. Tecnicamente, Il cavaliere oscuro  (The Dark Knight) è il capitolo migliore di tutta la trilogia, ma Batman Begins mi ha lasciato emotivamente qualcosa in più rispetto ai due sequel.  Sarà perché questo film mi insegna a superare la paura delle avversità. Perché cadiamo, signore? Per imparare a rimetterci in piedi