giovedì 3 dicembre 2015

Taxi Teheran

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Qualcuno si ricorderà sicuramente di Locke di Steven Knight. Aveva come protagonista un bravissimo Tom Hardy e narrava del viaggio del protagonista che deve fare una scelta che gli cambierà la vita. La caratteristica principale di questo film era che per novanta minuti vediamo solo lui e sempre in macchina.

Jafar Panahi usa lo stesso meccanismo di Locke nel suo Taxi Teheran. Se Knight lo usava come forma per raccontare la sua storia, qui Panahi lo usa per necessità. Il regime dell'Iran gli aveva imposto di non girare nessun film, ma Panahi sentiva il bisogno di raccontare la sua Iran e quindi ha deciso di girare nell'illegalità. Ha fatto quello che si chiama guerrilla shooting e quindi ha messo nella sua macchina varie gopro. Vedremo sempre lo svolgersi della scena in macchina, ma vedremo anche azioni che si svolgono in strada,  però sempre dal punto di vista della macchina.

Necessità che diventa splendidamente anche forma. Il film in sé assume così un'impostazione teatrale. La macchina diventa il palcoscenico. I passeggeri stessi sono gli attori e il regista è il taxista. Ogni cambio scena è dato dalla salita o dalla discesa del passeggero. In questa rappresentazione teatrale si racconta un'Iran piena di contraddizioni.

Non c'è solo teatro, ma anche cinema. E' quindi un film meta-cinematografico. In Iran non arrivano certi film e neanche telefilm (vengono citati Big Bang Theory e The Walking Dead) e perciò per vedere il cinema occidentale si ricorre alla pirateria. Il dialogo tra tra Panahi e sua nipote sul realismo nel cinema è solo un pretesto per raccontare un'Iran dove non c'è molta libertà.

Alla fine Taxi Teheran è un film coraggioso che, pur nella sua illegalità, racconta in modo magistrale una realtà.

giovedì 26 novembre 2015

Io, il Cinema e Dio - 1° Parte

Lunedì sono stato all'Auditorium per l'incontro con Jaco Van Dormael (Toto le heroes - Un eroe di fine millennio, L'ottavo GiornoMr Nobody) per presentare il suo nuovo film Dio esiste e vive a Bruxelles, ma anche per parlare del suo cinema, commentando i tragici fatti che stanno accadendo in questo periodo. A moderare c'era Piera Detassis ed era presente anche Andrea Romeo, che con la sua I Wonder  Pictures distribuisce il film in Italia.

C'era poca gente in sala, anche perché è un regista sconosciuto in Italia e c'erano ragazzi seduti qualche fila dietro di me che si chiedevano "ma questo che film ha fatto"? Tra i pochi presenti c'era anche un mio collega del DAMS che si laurea a breve e sta preparando la tesi proprio su Jaco Van Dormael. E questo mi ha fatto pensare che potrei iniziare a scrivere un libro su questo regista belga che non fa mai dei film banali e proprio perché è sconosciuto in Italia che non è ancora stato scritto nessun libro su di lui.

Comunque, ecco la prima parte di ciò che si detto durante questo incontro.


PD: Hai sicuramente pensato a quello che è un Dio cattivo, quello che rappresenti nel tuo film, molto antipatico, ma hai immaginato questo prima della situazione attuale. Che effetto ti fa presentarlo adesso, in questo momento?

JVD: Si, devo dire che il film è nato così mentre scrivevo la sceneggiatura insieme a Thomas Gunzig. A Parigi c'erano le manifestazioni contro i matrimoni gay  ed era molto strano vedere dal Belgio dei bambini per strada portare delle croci e faceva paura questo misto tra religione e società. Durante il montaggio con Hervé ci dicevamo che stava succedendo qualcos'altro, l'attentato a Charlie Hebdo. Ci dicevamo che forse non potevamo che continuare a portare avanti un'utopia: poter ridere di tutto e con tutti. Dovevamo portare avanti quest'esercizio.
Ora il film esce proprio mentre succedono questi fatti. Non potendo dire che il tema del film è la religione, come pure gli eventi attuali non sono correlati alla religione, ma hanno a che fare con il potere, questioni di potere come quello degli uomini sulle donne e la sottomissione con i rapporti di forza, con il fatto che noi mandiamo loro le bombe e loro ci rimandano kamikaze, con tutte le altre cose che possono essere appunto il petrolio e il potere.

PD: Allora è inevitabile chiedere: quando hai cominciato a scrivere queste leggi? Era una brutta giornata?

JVD: Dunque, c'è una bella frase di Woody Allen che dice "Dio esiste ma prego che abbia una buona giustificazione" e devo dire che io da piccolo sono stato educato con una mentalità cattolica. Mi ci vedo nelle cose che scrivono i bambini, per esempio: "Dio onnipotente, perché non fai nulla per i bambini che soffrono, per i lebbrosi? Perché non hai fatto nulla per suo figlio?" Che è una domanda che viene spontanea ai bambini.
Il nostro Dio è un Dio d'invenzione e divertente e leggendo i testi sacri e le scritture si vede che viene descritto come un Dio geloso, vendicativo, che rade al suolo le città e un Dio che chiede a un padre di uccidere suo figlio. In questo contesto la cosa importante è di cercare di scrivere una bella storia con un bel cattivo e in questo caso era ancora più importante perché il cattivo, Dio, doveva far una tale pressione sulla figlia, una ragazzina di 10 anni, da portarla alla rivolta. Il film parla anche di questo. Parla di una società e del ruolo della donna nella società.

PD: Ma l'invenzione della figlia è tua completamente?

JVD: Be, in realtà non è detto. Nei vangeli apocrifi si trovano un sacco di cose. Sono ben diverse dalla versione definitiva. Diciamo che per esempio che si dice che Maria Maddalena fosse la donna di Gesù e che fosse anche il primo apostolo. Ed è molto più forte la presenza delle donne rispetto a quello che si è fatto e che si è scritto definitivamente trecentosessanta anni dopo a Costantinopoli. E poi mi piace anche avere dei personaggi che siano bambini e spesso i bambini sono dei ribelli, a volte non lo sanno neanche e non sono consapevoli, ma si pongono un sacco di domande. Hanno una visione del mondo diversa, che talvolta ci fa sorridere. Chi ci dice che ne sappiamo più di loro? Quindi mi è piaciuto questo personaggio di una ragazzina ribelle, forse perché non ho figli maschi e quindi so meglio come funzionano le cose con le femmine.

PD: Il dato fondamentale è che per ribellarsi, la ragazzina, la figlia di Dio, entra nella stanza segreta del padre,  hackera completamente il computer di Dio per  sovvertire tutto e per metterlo nei guai manda a tutti gli abitanti della terra un sms con la data della loro morte. Potete immaginare che cosa provoca. Il difficile del film è questo. In tutti e in quasi i tuoi film la morte è un dato fondamentale con cui confrontarsi. La morte, la mortalità. Perché è così importante? Tra l'altro il primo a morire nel film sei tu.

JVD: Allora, anch'io spesso tendo a scordare di non essere immortale. Penso che vivrò fino a duecentocinquanta anni, ma in realtà è importante ricordare questa urgenza di vivere. Penso spesso che sia l'ombra della morte che invece rianima o fa riaffiorare il gusto della vita. Io non sono credente, per questo apprezzo quello che dice Ea, la ragazzina nel film "il nostro paradiso è qui e adesso."
 E' interessante vedere quello che fa lei perché vive sotto un'autorità simbolica che è quella maschile, un'autorità che ritroviamo nella famiglia, nella società, un'autorità fatta di leggi, di timori, di paure e obbedienze. Ea dice basta con le leggi e con le sottomissioni, non bisogna aver paura di nulla, e ci dice anche che la nostra vita non deve per forza essere chiusa in una scatola. Questa scatola si può aprire. Abbiamo la possibilità di vivere tra la gente più improbabile. La mente dell'uomo è strana perché spesso tendiamo noi a imprigionarci in queste scatole. Invece ci sono storie d'amore che possono essere diverse. Io posso essere il mio personaggio e la mia vita può essere la mia sceneggiatura e il paradiso è ora. 
Il fatto che sia io il primo a morire: nel film ci sono molti amici e non volevo che fosse qualcuno di loro a cominciare.

AR: Come hai cambiato il modo di fare il cinema e ritmo, con un budget inferiore al Mr Nobody.

JVD: Devo dire che il mio sogno è quello di fare il cinema come si suona il piano. Mi piacerebbe perché non costa niente e si può improvvisare. Si può ricominciare quando si vuole.
Devo dire che ho fatto quattro film in in ventiquattro anni ma ho lavorato molto.Ho lavorato in continuazione. Alcuni film richiedono più tempo ovviamente, magari sono film più naturalisti e più veloci. Come quando si costruiscono degli edifici,  a volte si può fare una casa in un anno, a volte ci vogliono cinquant'anni per fare una cattedrale, neanche finita.
Per Mr Nobody ci ho messo cinque anni per la scrittura, due anni per il finanziamento e tre anni per farlo. E' forse il mio film preferito perché è il più sperimentale, ma di sicuro è stato anche il più caro. Mi sono reso conto in quel frangente che chi rischia di perdere soldi può diventare abbastanza cattivo. Allora con mia moglie Michèle abbiamo deciso di fare una cosa diversa. Dunque di fare un film effimero, che è stato lo spettacolo  Kiss and cry, uno spettacolo che è un film, Per cui abbiamo fatto un lungometraggio che viene mostrato in scena più di duecentocinquanta volte. La grande sfida di quello spettacolo è che tutte le scenografie dovevano stare sulla grandezza di un tavolo da cucina. La cosa che funziona molto in questo tipo di spettacolo è che più si vede che è falso, più si crede che è vero. C'è questo meccanismo che funziona tanto bene.
Dato che dopo Mr Nobody era difficile trovare finanziamenti, abbiamo fatto le cose povere. Quando si dice campeggio in Spagna, invece di fare fare tutto in esterno,  prendo un po' di sabbia e un ventilatore, si mette un cartello "campeggio in Spagna" , così è fatto. Così, come per Bruxelles in questo film, visto che non si possono fare le riprese dall'alto sulla città, abbiamo fatto una specie di plastico con delle scatole e questo è più utile a livello stilistico, è più utile credo con un budget inferiore.

PD: La trovo di una cattiveria assoluta: il prete che se la prende con Dio è di una sovversione totale. Ne sei cosciente? O ti stavi solo divertendo?

JVD: Con Thomas, mentre scrivevamo la sceneggiatura, ci dicevamo che prima o poi Dio avrebbe dovuto incontrare un rappresentante della Chiesa o un suo rappresentante in Terra. Tra l'altro questo prete è uno bravo che fa l'accoglienza e fa del suo meglio. Inoltre, Dio è straordinariamente sorpreso di vedere tutte le immagini di suo figlio che è più famoso di un divo rock.

domenica 22 novembre 2015

Dio esiste e vive a Bruxelles

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Dio esiste e vive a Bruxelles. Abita in un appartamento con la moglie e la figlia undicenne Ea. Questo Dio si divertente a tormentare la gente per il piacere di farlo, finché sua figlia decide di spedire all'umanità la loro data di morte con tanto di countdown e di scendere sulla terra per cercare sei nuovi apostoli con cui redigere un un nuovo testamento.

Tra le varie incarnazioni cinematografiche di Dio, quello donna in Dogma di Kevin Smith o quello nero in Una settimana da Dio, mancava quello pantofolaio interpretato da Benoit Poelvoorde che attraverso il suo computer si diverte a far soffrire gli uomini. Al primo impatto può sembrare un film blasfemo, ma il regista Jaco Van Dormael  riesce a raccontare con malinconia e sensibilità un'umanità disperata e ci fa addentrare nel loro quotidiano. E questa umanità è rappresentata da questi nuovi sei apostoli, tra cui figura anche una Catherine Deneuve che non riesce più amare suo marito ma finisce per innamorarsi di un gorilla.

Jaco Van Dormael, sei anni dopo Mr Nobody, ci regala il suo quarto capolavoro, anzi la sua quarta poesia visiva. Nella regia la poesia visiva è quel modo di coniugare sapientemente l'immagine con la musica e questo si vede chiaramente nelle scene in cui Ea rivela ai sei apostoli la loro musica interiore.

Tra l'altro, questo regista belga, che qui fa un simpatico cameo, è un regista impegnato nel sociale: in tutti i suoi film (Toto le Heroes - Un eroe di fine millennio, L'ottavo Giorno, Mr Nobody e Dio esiste e vive a Bruxelles) mette sempre un personaggio affetto dalla sindrome di down. Infatti, è molto sensibili alle tematiche dei disabili fisici e mentali e all'infanzia tanto che per un periodo ha fatto il clown.

Dimenticavo di dirvi di non andare via dopo i titoli di coda perché c'è una scena post-crediti geniale e divertente.

Se la mia recensione non ti ha convinto ad andarlo a vedere, ti dico che questo film rappresenterà il Belgio agli Oscar.

lunedì 2 novembre 2015

Festa del Cinema di Roma contro Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia

Cosa fa di un festival cinematografico un festival cinematografico? Innanzitutto i film, provenienti da ogni parte del mondo, che vengono proiettati in versione originale. Poi, ci sono gli attori che sfilano sul red carpet. Infatti, un festival cinematografico è un grande momento per lo spettatore medio incontrare il proprio attore e/o regista preferito per chiedergli l'autografo o farsi un selfie insieme a loro. Per non parlare del fatto che si ha l'occasione di vedere il film con il regista e il cast presenti in sala. Questo è essenzialmente un festival cinematografico e nel mondo quelli più importanti sono tre: Berlino, Cannes e Venezia. In Italia quelli più importanti sono la Festa del Cinema di Roma e la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Ma tra i due chi vince? Ora farò un confronto tra i due e prenderò in esamina le edizioni di quest'anno, anche perché a Venezia ci sono andato quest'anno per la prima volta.

























Il festival del cinema di Venezia è il festival cinematografico più antico nel mondo poiché la prima edizione si è tenuta nel 1932. Mentre invece il festival del cinema di Roma ha compiuto recentemente solo 10 anni. Direi che ha più esperienza Venezia.

Il festival del cinema di Venezia non si tiene propriamente a Venezia, ma al Lido che è una sottile isola che si trova nella laguna di Venezia. Nel periodo della mostra il Lido si trasforma in una vera isola del cinema. Il festival del cinema di Roma invece si tiene all'Auditorium Parco della Musica. Diciamoci la verità, è più suggestivo un'isola che un auditorium.

Gli schermi dell'Auditorium non è che siano il massimo per vedere i film, anche perché l'Auditorium è stato costruito per farci i concerti e poi quest'anno hanno levato la Santa Cecilia che era la sala più grande dell'Auditorium.  Mentre invece con la sala Darsena e la sala Grande di Venezia ti puoi godere a pieno un film.

Per raggiungere il Lido si deve prendere il vaporetto e quelli che portano al Lido sono il 2 e il 20. Agli accreditati viene dato il biglietto per viaggiare sul 2 e questo biglietto vale per solo per il periodo del festival, Per andare da San Zaccaria al Lido ci si mette circa 20 minuti. Per andare invece all'Auditorium si può prendere  la navetta Cinema, autobus, metro o tram  e di solito non si sa mai se arrivi in tempo per la proiezione o per l'incontro. Uno dei tanti fattori è il traffico di Roma, ma a volte succede che l'autista sbaglia strada e non si ferma dove dovrebbe, ossia l'Auditorium. Vaporetto a vita.

Sia il festival di Venezia che quello di Roma hanno le postazioni radiofoniche. A Venezia in una sala dell' Exelcelsior ci sono quelli di Hollywood Party (noto programma radiofonico di Radio Tre sul cinema) che fanno le dirette. All'Auditorium invece ci sono quelli invece di Radio 2 che fanno le dirette dal pomeriggio alla sera. E' molto più figo Hollywood Party.

Per quanto riguarda la carta, il festival di Venezia ha il giornaliero di Ciak dove puoi trovare le sinossi dei film del giorno, le interviste a registi e attori, le classifiche dei film secondo la critica e il pubblico del festival e i tweet cattivi sul festival. Invece il festival di Roma ha solo una rivista settimanale fatta da Mymovies dove si possono trovare le sinossi dei film giorno per giorno. Vince decisamente Ciak anche perché solo lì puoi trovare le recensioni di Stefano Disegni sui film del festival e, se conoscete bene Disegni, sapete che le sue recensioni sono fatte per stroncare i film in modo satirico.

All'Excelsior si possono prendere Martini gratis e anche qualcosa da sgranocchiare. Si può dire quindi che verso le 18 si può fare un aperitivo gratis. All'Auditorium invece hanno messo un erogatore dove puoi prendere l'acqua gratis e si può scegliere tra naturale e frizzante.  Tra l'altro le opzioni sono: bottiglia, bottiglietta e bicchiere. Direi che è una buona cosa per risparmiare soldi e non spendere ogni volta un euro e cinquanta per una bottiglietta d'acqua. Tra acqua e alcool, preferisco alcool. Quindi Martini a vita.

In entrambi i festival bazzicano più o meno le stesse persone. Solitamente queste persone sono giornalisti, come per esempio Emanuele Rauco o Francesco Alò. Senza dimenticare che in entrambi i festival puoi trovare lui, che chiamerò l'Hipster per ovvi motivi, e mi chiedo se sia anche lui un giornalista. Parlando di persone che frequentano i festival, in quello di Roma potete trovare i gemelli. Questi gemelli non vanno mai a vedere un film, ma si limitano a camminare avanti e indietro per l'Auditorium e osservano il flusso della gente. Se in questi dieci anni siete andati al festival del cinema di Roma, sicuramente li avrete visti qualche volta.

Il personale del festival del cinema di Roma non è un grande personale. Sono di un'acidità quando ti dicono di non alzare il badge per prendere meglio il codice a barre e sono inquietanti quando durante la proiezione vagano con i loro visori notturni alla Splinter Cell. Il personale del festival di Venezia invece sono più gentili e non ti rompono le palle se hai un cellulare acceso. Poi del personale di Venezia ho impresso il sorriso che mi faceva l'hostess carina quando uscivo dal bagno della sala Darsena.

Al festival del cinema di Roma, oltre alle proiezioni, puoi assistere agli incontri con attori e registi, ma quest'anno ci sono stati anche incontri con personaggi che non erano legati al mondo del cinema come Renzo Piano e Riccardo Muti. Per assistere agli incontri bisogna subito comprare il biglietto altrimenti si rischia di trovare esaurito, mentre invece gli accreditati si devono mettere in fila almeno un'ora prima, due ore se l'ospite è uno importante. Era interessante il format ideato da Antonio Monda: si intervista l'ospite (talvolta gli ospiti erano due) e si alterna l'intervista con clip dei film che ha diretto o in cui ha recitato. Anche a Venezia ci sono gli incontri con personaggi legati al mondo del cinema nello spazio Cinema nel Giardino sempre al Lido. Questi incontri sono gratuiti e gli ospiti non sono vip internazionali come quelli del festival del cinema di Roma, ma Giuseppe Tornatore si può benissimo considerare international. Questa volta vince decisamente Roma.

Veniamo adesso all'essenza dei festival: i film. A Venezia non trovi mai un buco tra una proiezione e l'altra. Alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia si possono trovare film che possono soddisfare il cinefilo sfrenato da quelli che sono in Concorso a quelli della sezione Orizzonti, senza dimenticare la sezione parallela delle Giornate degli Autori. Tra Orizzonti e le Giornate degli Autori puoi trovare film che, dopo averli visti, dici "ma che cazzo ho visto?" In ogni caso a Venezia trovi il Cinema con la C maiuscola e te lo vedi con il cast presente in sala. Questo vuol dire che puoi farti un selfie con il tuo attore/regista preferito e chiedergli l'autografo. Alla Festa del Cinema trovi film più fruibili al pubblico e solo qui puoi trovare in programma commedie e cinema di genere (ma quanto ha spaccato Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti?) con la sezione parallela Alice in Città per i bambini, ma senza le star e l'unica star internazionale presente in questo festival era Ellen Page. No, Jude Law non lo considero perché era già in questi giorni a Roma a fare il Papa per Sorrentino. Sono scelte di Antonio Monda, ma direi che sono scelte sbagliate visto un bilancio non proprio positivo di questa festival, anzi di questa festa. Come direbbe Arrow, "Antonio Monda, you have failed this festival."

Concludo dicendo che, quando è morto Wes Craven, Alberto Barbera ha deciso di omaggiarlo proiettando al festival il suo capolavoro: Nightmare. Invece il festival del cinema di Roma cosa ha mai fatto durante l'anniversario de Il ritorno al futuro? Si è limitato a massimo a mettere un cartonato della DeLorean sul red carpet. Invece di fare il red carpet con cinquanta youtubers, più i quattro attori (sempre se vogliamo chiamarli attori) di Game Therapy si poteva benissimo fare una proiezione del film di Zemeckis. Grande Giove!

Alla fin fine, in questa battaglia tra i festival abbiamo un vincitore ed è Venezia. Il leone ha prevalso sulla lupa.

domenica 11 ottobre 2015

Da Dead Set a Mr Robot: Lo specchio nero della società raccontato dalla televisione


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Una serie televisiva non è solo intrattenimento, ma a volte può diventare anche un trattato di sociologia. Il primo ad aver avuto questa intuizione è stato Charlie Brooker. Egli ha scritto una miniserie di cinque episodi, Dead Set, che viene mandato in onda nel 2008 dal canale inglese  E4. In Dead Set assistiamo alla finale del Grande Fratello inglese, ma inaspettatamente ci sarà un'invasione di zombie e i concorrenti, insieme ad alcuni membri della troupe, dovranno barricarsi nella casa del Grande Fratello per difendersi da questi morti viventi. Questa miniserie è una forte satira sulla società e sulla televisione: alla fine i morti viventi nella società sono quelle persone senza alcuni valori e sono solo interessati all'intrattenimento e alla televisione. Qui gli zombie vogliono proprio divorare i loro idoli della televisione.

Ma è con Black Mirror che Brooker fa un grande salto di qualità. Questa serie antologica, composta da due stagioni più una special natalizio più una terza stagione prodotta Netflix in arrivo, racconta essenzialmente del rapporto tra l'uomo e la tecnologia. In Messaggio al primo ministro (1x01) il primo ministro britannico deve avere un rapporto sessuale con un maiale in diretta per liberare la principessa Susannah che è stata rapita. Tutto ciò  alla fine si rivela essere un esperimento sociale ideato dal rapitore per provare quanto cinismo c'è nella società di oggi.

Mentre invece in Vota Waldo (2x03) si parla di politica, per essere precisi della democrazia.
Waldo, un personaggio comico della televisione, si candida in politica contro gli altri due candidati, uno del partito laburista e uno del partito conservatore. Waldo riceve molto consenso dal popolo che ormai si è stufato dei politici. Vi ricorda qualcosa? Si, sto parlando della politica italiana e precisamente di Beppe Grillo e del Movimento 5 stelle. Non esiste una vera democrazia, come ci viene raccontato nel finale dell'episodio.



In Continuum entriamo nel campo della fantascienza (in realtà c'eravamo giù addentrati parlando di Black Mirror). Nel 2077 il mondo è governato dalle corporazioni e un gruppo di terroristi, denominati Liber8, torna indietro nel 2012 per modificar il corso degli eventi, ma a tornare indietro nel tempo insieme a loro c'è una poliziotta che vuole impedire le malefatte di questi terroristi. Ma la domanda che si pone il telefilm è: chi combatte dalla parte giusta? Alla fine la protagonista è una poliziotta che lavora per un governo fascista. Queste corporazioni non sono altro che le multinazionali che non si fanno scrupoli a fare soldi a discapito della vita umana. E' sì un telefilm di fantascienza, ma non è molto lontano dalla realtà.

Le multinazionali diventano i cattivi anche in Mr Robot. La E Corp viene soprannominata da Elliot Evil Corp proprio perché rappresenta il male assoluto. Elliot di giorno è un informatico che lavora per una compagnia di sicurezza informatica, ma di notte è un hacker giustiziere che conserva in CD i dati delle sue vittime (in stile Dexter) ma la sua vita cambia quando viene contattato da un gruppo di hacker, noti come fsociety,  per distruggere la Evil Corp. In un episodio c'è un monologo di Elliot molto crudo sulla società di oggi.



Qui la traduzione: Forse il fatto che tutti abbiamo creduto che Steve Jobs fosse una persona buona, anche sapendo che aveva guadagnato miliardi sulle spalle di bambini? O forse il fatto che tutti i nostri eroi sembrino contraffatti. Il mondo stesso non è altro che una grande truffa. Ci spammiamo con un costante resoconto di stronzate mascherate da opinioni, i nostri social media fingono intimità...oppure è perché abbiamo votato per tutto questo? Non con le nostre elezioni truccate, ma con le nostre cose, i nostri averi, i nostri soldi. Non sto dicendo niente di nuovo. Sappiamo tutti perché lo facciamo. Non perché i libri di Hunger Games ci rendono felici, ma perché vogliamo essere sedati. Perché fa male non fingere. Perché siamo dei codardi. Fanculo la società.

lunedì 14 settembre 2015

Pecore in erba



Scompare improvvisamente Leonardo Zuliani, noto attivista di Roma. Dalla sua scomparsa i giornalisti di SkyTG24 decidono di fargli uno speciale intervistando le persone che hanno fatto parte della vita di questo attivista. Si ha così un ritratto di un personaggio antisemita.

Pecore in erba di Alberto Caviglia è un mockumentary italiano che esplora il tema dell'antisemitismo al giorno d'oggi, usando il mezzo della satira. Per rendere credibile questo finto documentario si alternano interviste ad attori e interviste a esponenti della cultura come Corrado Augias, Vittorio Sgarbi, Gianni Canova, ma anche a esponenti della comunità ebraica di Roma. Per tutto il film si ride, ma sono risate amare. Oltre all'antisemitismo, vengono ripresi molti temi dell'attualità come la xenofobia. La lega nord qui nel film diventa la lega nerd e, come il movimento guidato Matteo Salvini, sono contro gli sbarchi e gli immigrati. Si parla inoltre della questione Israele - Palestina dove il protagonista, per via del suo antisemitismo, odia Israele tanto da ideare un kit dove si brucia la bandiera di Israele. Il film si pone quindi questa domanda: un antisionista deve per forza essere antisemita?

Il film è rivolto soprattutto a un pubblico giovane, soprattutto quello romano, essendo il regista dell'84. Ci sono riferimenti alle webserie, alle challenge su youtube, al fenomeno del web Giancarlo Magalli e a Breaking Bad.

Se il pubblico giovane ha apprezzato il film, quello più anziano l'ha proprio disprezzato. Mi raccontava la mia amica Carlotta che due signori, che erano seduti accanto a lei durante la visione del film, se ne erano andati schifati dopo la proiezione del film di Caviglia perché l'avevano ritenuto offensivo verso gli ebrei. Se fosse stato offensivo verso gli ebrei, non credo che i rappresentanti della comunità ebraica di Roma  avrebbero partecipato al film. La satira è difficile da capire, ma proprio per questo motivo che funziona in modo efficace.

E' questo tipo di commedia che serve al cinema italiano. Far ridere e riflettere allo stesso tempo.

lunedì 31 agosto 2015

Poche ragazze da quelle parti

(Fan art di Paride Prete)

"Ci vuole qualcuno che si sacrifichi per gli altri. Anche a costo di rimanere solo. Non è per questo che esistono gli eroi?" Bastano queste parole per farci capire che Pikappa è un personaggio diverso da Paperinik. Non è più un personaggio buffo con gli stivaletti a molla che combatte contro i bassotti, ma un un vero supereroe che deve combattere minacce più grandi di lui come gli Evroniani, alieni succhia-emozioni, oppure il Razziatore, un pirata temporale. E' una nuova vita dove non c'è più posto per i suoi parenti e il suo vecchio alleato Archimede contro il crimine, come ci viene narrato in Zero Barra Uno, un numero che non esiste da cui è tratto la citazione iniziale. Pikappa è un personaggio più adulto, più umano.

Le storie di PKNA (Paperinik New Adventures) affrontavano tematiche adulte e più profonde rispetto alle classiche storie Disney. Alcune di esse erano davvero introspettive. Prendiamo Trauma dove a sconfiggere il villain di turno non è Pikappa  con lo scudo extranformer oppure un mech ma Paperino stesso che ha imparato a dominare le sue paure. "Quel qualcosa si chiama coraggio, Uno. Cioè la capacità di trasformare la paura in forza, energia. Senza bisogno di essere mutanti." Ci sono anche storie malinconiche come Niente di personale dove Pikappa rimane solo a vivere nascosto nei sotterranei della Duclair Tower, abbandonato da tutti i suoi parenti e amici perché ritenuto da tutta Paperopoli un terrorista.

A mio parere l'autore che ha saputo meglio raccontare l'eroe con il mantello è Bruno Enna. Le sue storie erano molto poetiche. Ha iniziato con Mekkano. Viene approfondito il personaggio di Gorthan, uno scienziato evroniano già apparso nel citato Trauma. Gorthan si appassiona alla letteratura terrestre tanto da creare emozioni invece di assorbirle e acquistare ciò che lui chiama una malattia: una coscienza. C'è una grande morale in questa storia: la letteratura ci rende migliori. Nel caso di Gorthan è stato Il piccolo principe di Antoine De Saint-Exupery.  Ma il vero capolavoro di Enna è Frammenti d'autunno in cui il vero protagonista non è Pk, ma Lyla come viene sottolineato dalla copertina. Lyla, che per chi non se lo ricorda è un androide, continua a sognare un misterioso uomo senza volto. E' forse un difetto di programmazione oppure è solo un piano di un uomo che ha cercato di creare l'amore in laboratorio? Con temi cari a Philip K. Dick questa è una grande storia arricchita con le matite di Claudio Sciarrone.

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Questo è PK. Nato nel lontano 1995 con due serie,  PKNA e PK2. No, la terza serie nota come PK Frittole non esiste, come del resto non esiste la nona stagione di Scrubs. Questo PK Frittole era un reboot dell'intera serie ed era molto infantile rispetto dalle altre due serie precedenti. Ricordo che presi solo i primi numeri, ma smisi subito per quanto era brutto questo nuovo Pk. L'unica terza serie esistente è PKNE che riprende la continuity delle prime due serie dopo 12 anni ossia nel 2014 e, nonostante le sue storie vengano pubblicato su Topolino, non viene edulcorato per niente. In Potere e Potenza assistiamo a un'esecuzione di Paperino. Il secondo episodio è stato Gli argini del tempo, una storia basata sui paradossi temporali. Ora verso ottobre-novembre avremo il terzo episodio, Il raggio nero, storia che mi intriga già dal titolo.

Ma altro punto forte di PK era la posta. Si rispondeva sarcasticamente ai lettori di PK, noti come Pkers. Ma ciò che rimase impresso di quella posta per tutti i Pkers era la frase con cui il Pk Team rispondeva ai lettori che trovavano qualche errore nelle storie "Poche ragazze da quelle parti."

martedì 4 agosto 2015

Il problema della produzioni italiane indipendenti (e non): la recitazione da cani



Guardatevi un attimo questo corto. Fatto? Ebbene, questo cortometraggio fa schifo. La regia è inesistente e lo è anche la sceneggiatura. Ciò che salta subito all'occhio è la pessima recitazione di queste due attrici. Renè Ferretti direbbe che sono due cagne.
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E' questo il problema delle produzioni indipendenti che siano webserie, cortometraggi o perfino lungometraggi: una recitazione da cani. Quando siamo a questi livelli, il prodotto può essere definito amatoriale. E spesso sono proprio così le webserie o corti che si trovano su youtube. Il regista esordiente che si avvicina da poco al mondo del cinema chiama spesso i suoi amici per farli recitare nel suo prodotto ma questo è un grande errore. Se i suoi amici non sono attori, questo va molto a influire sul risultato finale del prodotto. Per esempio, gli attori chiamati da Lory Del Santo per la sua webserie The Lady non sono chiaramente attori, ma modelli o ex tronisti e questo si vede chiaramente. Se qualcuno riesce a fare peggio di The Lady, non può essere definito un regista.

La Del Santo, ma anche molti registi del tubo non si rendono conto di una cosa importante quando girano le loro cose: la direzione degli attori. Prima di dire "azione" il regista sa che i suoi attori recitano perché prima ha fatto le prove con gli attori, spiegandogli come deve essere il loro personaggio. Prima ancora di questo lavoro il regista fa una cosa importantissima ossia nel suo casting sceglie Attori con la A maiuscola. Questo significa dirigere attori e questo fa la differenza tra un prodotto amatoriale e un prodotto professionale. E so di cosa parlo perché ho fatto l'aiuto regista per un cortometraggio. I due registi di questo corto avevano due attori che erano davvero attori, soprattutto l'attore protagonista. Si erano fatto anche delle prove con gli attori prima delle riprese e infatti il prodotto finale è venuto più che bene.

Prima regola del regista esordiente è far recitare sempre attori che sono attori. Per andare sicuri si dovrebbe prendere persone che fanno o hanno fatto teatro. Se non sono attori, si fanno un sacco di prove affinché la loro recitazione sia perlomeno decente. Purtroppo, questa cosa si vede raramente nelle webserie o corti che si trovano su youtube e per questo motivo che fanno cagare.

Questo problema non si limita solo alle produzioni indipendenti ma anche alle fiction. Le nostre serie italiane fanno cagare non solo per la sceneggiatura, ma soprattutto per la recitazione da cani. I motivi di questa pessima recitazione possono essere tanti. Le prove  con il regista non si fanno perché gli attori non sono pagati per farle. Attori cani vengono spesso raccomandati come viene raccontato in Boris. E spesso vengono scritte fiction apposta per attori cani come Manuela Arcuri o Gabriel Garko. C'è da dire che c'è un prodotto seriale italiano che si distingue da tutti gli altri, Romanzo Criminale - La serie, perché il regista Sollima ha preso tutti attori che venivano dal teatro e proprio per questo si vede una buona, anzi un'ottima recitazione.

Anche il cinema non scherza. Nei film recitano persone che vengono dalla casa del Grande Fratello oppure persone che vengono da youtube. C'è gente che studia recitazione per anni e questi qua che fanno i coglioni in televisione o su youtube hanno subito la svolta della loro carriera. Quando si fa il cinema non per la qualità, ma per i soldi.

Tu regista esordiente, ma anche quello professionale, quando lavori con gli attori, trattali come se fossero delle bestie, diceva il grande zio Alfred, affinché non siano dei cani.

lunedì 13 luglio 2015

Nascita di uno scrittore

Scrittore si nasce o si diventa? Bella domanda.

Prendiamo il caso di un ragazzo che va in un liceo di Roma, il Righi, ed è al suo ultimo anno. Un giorno vede arrivare nella sua classe una professoressa di italiano di un'altra classe, la Bajo, a parlare di un progetto. Tale progetto si chiama La Scienza Narrata, sponsorizzato dalla casa farmaceutica Merck Serono, e consiste nel far riflettere i giovani sull'importanza della scienza. Questa scienza narrata prevede un incontro introduttivo al Campidoglio e due laboratori di scrittura creativa, uno tenuto al Tasso e uno al Righi. Alla fine di questi due incontri gli studenti che hanno aderito a questo progetto, che alla fin fine è un concorso letterario, devono scrivere un racconto a tema scientifico. I migliori racconti verranno premiati insieme ai vincitori del premio letterario Merck Serono dove vengono premiati saggi e romanzi che parlano di scienza.

Ecco i premi previsti per questo concorso letterario rivolto agli studenti delle scuole superiori:
1° classificato un premio del valore di 1000 euro
2° classificato un premio del valore di 500 euro
4 menzioni d'onore del valore di 250 euro

Il protagonista della nostra storia decide di partecipare a questo concorso letterario, spinto più dalla voglia di vincere un premio in denaro che dall'amore per la scienza. Ha sempre scritto racconti che nessuno ha mai letto, ma li aveva scritto per sé ed erano sempre storie di avventure e fantascienza. Ma ora un suo racconto verrò giudicato da una giura. Sa di non essere all'altezza perché un buon scrittore legge sempre libri, ma lui è uno che legge più fumetti. Per capire come deve essere un racconto a tema scientifico legge il libricino che gli hanno dato a uno di questi incontri. Tale libricino è una raccolta di racconti scritti da studenti del Tasso poiché questo progetto era partito un anno prima con il liceo classico Tasso. Dopo aver letto tutti questi racconti, il ragazzo non ha ancora idea di cosa scrivere. La sua fantasia è limitata dal fatto che il racconto deve parlare di scienza. Inizia allora a consultare i vari libri di scienza finché non trova l'argomento di cui vuole parlare. Da quell'argomento inizia a scrivere il racconto. Prima di mandare il suo racconto decide di farlo a leggere a tutti per avere critiche e consigli per migliorare il racconto. Fa quello che si chiama labor limae, una limatura per ridefinire il racconto, E' una specie di editing letterario per rendere piu scorrevole e piacevole il racconto. Così, il giorno prima della scadenza il ragazzo manda il racconto al concorso e pensa "Non devo essere in ansia perché tanto non vincerò."

Passa qualche mese. Il nostro protagonista riceve inaspettatamente un'email. Scopre di aver vinto il terzo premio de La Scienza Narrata. Alt. Qualcosa non quadra. Il terzo premio non era previsto. Come è possibile? Il ragazzo svelerà questo arcano leggendo l'introduzione del libricino che raccoglie tutti i racconti che hanno partecipato al concorso, compreso il suo.

Consideri un segno decisamente positivo il fatto che la giuria abbia dovuto discutere per assegnare i premi, e che per trovare un felice punto di equilibrio abbia dovuto chiedere alla Merck Serono di aggiungere ai due inizialmente previsti un terzo premio.

Per lui questo terzo premio, del valore di 350 euro, lo considera speciale perché hanno deciso di aggiungerlo apposta per lui e infatti nelle edizioni successive rimarrà questo terzo premio. Questa giuria, composta da scienziati, scrittori e giornalisti, ha ritenuto il suo racconto meritevole tanto da non metterlo tra le menzioni d'onore, bensì da dargli il terzo premio.

E viene il 9 luglio. La cerimonia di premiazione. La location è Villa Miani, una villa davvero sontuosa. Presenti alla serata ci sono circa 400 invitati. Tra questi il vincitore del premio letterario Merck Serono, Paolo Giordano , il matematico Piergiorgio Odifreddi, i tre vincitori e le quattro menzioni d'onore più i loro accompagnatori.

La serata si svolge in questa maniera. Si inizia con un aperitivo lussuoso. Passa qualche un'oretta e inizia la cerimonia dove viene premiato lo scrittore-fisico con il suo romanzo La solitudine dei numeri primi e un saggista. Poi vengono premiati anche i ragazzi del concorso de La Scienza Narrata, che alla fine è uno spin-off del premio letterario Merck Serono dove si premia appunto il connubio tra letteratura e scienze. Il nostro ragazzo riceve la targa.

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Be, da questa foto avrete capito chi è il protagonista di questa storia. Un tizio che si chiama Thanat Pagliani.

Dopo la cerimonia di premiazione comincia la cena. Ci sono ben due tavoli riservati per vincitori del concorso e per i loro rispettivi accompagnatori, tra questi ci sono anche il vice preside del Righi e la professoressa Bajo che rappresentano l'istituto del terzo classificato. Se l'aperitivo è di lusso, non è da meno la cena che potrebbe avere un valore di 100 euro a testa.

Finita la serata il ragazzo si porta a casa la targa, l'assegno e ben 5 libricini che raccolgono i 49 racconti che hanno partecipato al concorso.

Per rispondere alla domanda iniziale: scrittore si diventa. Per questo ragazzo che ha sempre letto esclusivamente fumetti e ha fatto il coglione per tutta la vita vincere un premio letterario era qualcosa di nuovo per lui. Vincere questo premio fà di lui uno scrittore? Allora, ha scritto un racconto e ha ricevuto dei soldi per aver scritto questo racconto, senza dimenticare che questo racconto è stato pubblicato in un'antologia in edizione limitata, direi proprio di si.

Thanat era diventato uno scrittore. Ora la sua ambizione è quella di diventare regista. Nel frattempo ha fatto tante cose, per esempio questo video per Repubblica insieme ai suoi tre colleghi Emanuele, Gloriana e Silvia. Nel frattempo lui continua a coltivare la sua passione per la scrittura, magari scrivendo il suo primo romanzo, partecipando ad altri concorsi letterari, scrivendo su un blog, ma soprattutto deve, e specifico deve, scrivere la sua prima sceneggiatura. Questa è la storia di un videomaker che sogna il cinema. Ci riuscirà? Ai posteri l'ardua sentenza.

P.S. Ma quanto devo essere idiota per parlare di me in terza persona?

mercoledì 24 giugno 2015

Perchè dovremmo ritornare negli anni '90

Non ce ne rendiamo conto ma sentiamo la mancanza degli anni '90. Basta vedere che fanno revival di ogni cosa che faceva parte di quegli anni. Nel campo dei fumetti hanno resuscitato il personaggio di PK, nato nel 1996, basandosi sul personaggio di Paperinik, e l'ultimo numero di PKNA uscì nel dicembre del 2000, ma ebbe anche una seconda serie, PK2, molto più matura della precedente. Nel campo delle serie televisive si parla di sequel di telefilm di quel periodo e con gli stessi attori, come per esempio X - Files o Twin Peaks (che Lynch in questi tutti anni abbia progettato di fare una terza stagione considerando ciò che dice il personaggio di Laura Palmer all'agente Cooper "Ci vediamo tra 25 anni"?). Nel campo del cinema ci sarebbero tanti esempi in cui si fanno sequel, remake e reboot di film che hanno fatto parte di quel decennio. Un ulteriore revival è nel campo dei gelati: il ritorno del Winner Taco.

Il fatto che ci siano tutti questi revival mi fa capire che vogliamo ritornare in quegli anni. Forse si viveva meglio in quegli anni che adesso. Cerchiamo di capire il perché. Cosa c'è di tanto diverso tra gli anni '90 e il periodo in cui viviamo adesso? Lo sviluppo della tecnologia. Una tecnologia che dovrebbe migliorare la società, ma non è così. C'è una serie britannica di genere sci-fi, Black Mirror, composta da sei episodi più uno special natalizio, dove si esplora la tematica società e tecnologia. E' una serie molto cinica e non molto lontana dalla realtà. Invece Matrix narrava di un futuro dove l'umanità era talmente assuefatta dalla tecnologia che ne era diventa schiava. E quando uscì questo film? Nel 1999, anno appunto di transizione tra gli anni '90 e i 2000. 

Negli anni '90 il world wide web, da tutti conosciuto come internet, era appena nato ma non era come lo conosciamo adesso. Lo si usava soprattutto per cercare informazioni sulla rete e mandare e-mail. Poi negli anni 2000 internet si sviluppò e nacque la pirateria informatica ossia il peer to peer. Grazie a questo sistema ci possiamo scaricare i film. A causa della pirateria non esistono più i Blockbuster. In questa catena di videonoleggio andavi a scegliere il film che magari ti eri perso quando era uscito nelle sale e se dopo tre giorni non lo riportavi,  c'era sempre la voce al telefono che ti rammentava che dovevi assolutamente restituire il film, altrimenti pagavi la penale. Tuttavia c'è ancora gente che dopo tutti questi anni si è tenuto il VHS o il DVD del film che non ha mai restituito.

Anche il modo di sentire la musica è cambiata. Ora sentiamo la musica con gli MP3 o youtube, ma prima si sentiva la musica grazie ai CD e ancora prima grazie alle cassette. Solitamente insieme alle cassette si usava anche la matita. Chi ha vissuto in quegli anni sa il perché. 

Oltre alla pirateria, negli anni 2000 arrivarono anche i social network. La gente postava ogni cosa della propria vita su Facebook. Quello che vediamo spesso nelle nostre bacheche sono i selfie e le foto del piatto da mangiare (pratica conosciuta anche come food porn). C'è da dire però che la gente faceva questo genere di cose anche prima della nascita dei social network, prima degli smartphone, prima delle macchine digitali e non. C'era un tizio che si chiamava Van Gogh. Egli amava farsi i selfie e ritrarre tutto il suo cibo prima di mangiarlo. Se non mi credete, andate a vedere il museo di Van Gogh ad Amsterdam. Grazie ai social network possiamo farci i cazzi degli altri.

Mi viene in mente una dichiarazione che è uscita recentemente dalla bocca di Umberto Eco. "Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e venivano messi a tacere." Chi sono questi imbecilli? Ce ne sono parecchi, ma i più celebri sono Matteo Salvini e Selvaggia Lucarelli.

Insieme allo sviluppo di internet nacquero anche gli smartphone. Prima i cellulari si usavano solo per telefonare, ma spesso anche per giocarci (chi si ricorda di Snake?), ma ora i telefonini sono diventati dei computer ambulanti. La gente quando cammina non guarda più avanti, ma in basso sul proprio cellulare. Ci stiamo alienando dalla società. Cosa succerebbe se camminassimo guardando in avanti senza più tenere lo sguardo sul proprio smartphone? Questo video è molto esaustivo. 



Legato insieme allo smartphone c'è questa piaga che ha preso piede: WhatsApp. Quando sei a lezione, è molto fastidioso sentire la notifica di questa applicazione, ma soprattutto è fastidioso quando sai che la gente ha letto il tuo messaggio, ma non ti si caga di un pezzo. Bei tempi quando la gente si parlava di persona senza bisogno di questa tecnologia.

A che cosa è associato un ricordo? Solitamente a una fotografia. Negli anni '90 un bambino o una bambina trovava delle vecchie fotografie intrise di polvere che ritraevano vecchi parenti o genitori da giovani e chiedeva al proprio genitore la storia di quelle foto. Una cosa del genere non accadrebbe più in questo periodo. Con l'avvento della macchine digitali (e anche degli smartphone) non stampiamo più le foto, ma le mettiamo on line, per esempio su Facebook. Se guardare una foto prima era una cosa privata, intimistica, ora questo gesto diventa una cosa condivisa da tutti. Metti caso che avvenisse una tempesta elettromagnetica, non ci sarebbe più l'elettricità (come nella serie Revolution) e senza elettricità non potremmo più vedere le nostre foto che rappresentano i nostri ricordi. Meglio così, potremmo risparmiare ai nostri posteri come eravamo stupidi con questa tecnologia.

Sapete che vi dico? Sarebbe ora di prendere il TARDIS per ritornare in quegli anni.

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giovedì 30 aprile 2015

Le grandi storie delle serie

David Lynch una volta ha detto: "Mi piace l'idea di una storia a lunga durata. La televisione è molto più interessante del cinema oggi. Sembra che il cinema d'essai sia andato verso la tv via cavo." Sono del suo stesso parere: oggi una serie riesce a emozionarti allo stesso modo del cinema, anzi forse quasi lo supera e infatti al giorno d'oggi vediamo registi di cinema che si cimentano con le serie televisive come David Fincher o Woody Allen . Perché ci piacciono le storie delle serie televisive? Perché parlano di noi e sono in questo modo universali. L'abilità dello sceneggiatore sta nel farci empatizzare con il protagonista o i protagonisti di una serie. Nel corso delle stagioni di una serie vediamo l'arco di trasformazione di un personaggio, che, a mio parere, è molto più efficace dell'arco di trasformazione di un personaggio che dura  solo 90 o 120 minuti. Vorrei quindi nominare alcune serie che hanno delle grandi storie, ma soprattutto grandi personaggi.

Twin Peaks
Questa può essere definita la madre di tutte le serie moderne. Tutta la serie si regge su questa domanda: chi ha ucciso Laura Palmer? La storyline principale è quella dell'indagine portata avanti dall'agente Cooper, ma ce ne sono anche altre che coinvolgono gli abitanti di Twin Peaks e i loro segreti. Il grande David Lynch in questo modo riprende le tematiche del suo Velluto Blu per applicarle a una serie televisiva: il male si può nascondere nel quotidiano.


Lost
La possiamo definire l'erede di Twin Peaks. Lost è caratterizzato soprattutto dai misteri e quindi da una grande mitologia. Infatti, una grande serie deve avere una grande mitologia ossia tutto quel mondo che riguarda quella serie televisiva dai personaggi ai luoghi. Lost è soprattutto una serie sui personaggi e infatti in ogni episodio uno dei personaggi diventava il protagonista di quell'episodio con  tanto flashback. Si esplorava il conflitto di quel personaggio. Una caratteristica comune a tutti i protagonisti di questa serie era il rapporto conflittuale con il padre, un tema che ci suona molto universale.


Games of Thrones
Anche questa serie è una serie sui personaggi con i loro conflitti e infatti in ogni episodio abbiamo tre o quattro storyline. E' un fantasy atipico dove non ci sono  né buoni né cattivi, ma potrei azzardare che gli Stark sono i buoni e i Lannister sono i cattivi. Questo distinzione non è proprio giusto perché abbiamo due Lannister che non sono propriamente cattivi, ma, come ho già detto, dire chi è cattivo e chi è buono è relativo. Qui il tema della serie è il potere e proprio per questo che è un thriller politico. In questo giochi di troni ci sono intrighi ed alleanze per conquistare il trono di spade.


Breaking Bad
I primi episodi di questa serie possono sembrare noiosi, ma andando avanti Breaking Bad si rivela un'ottima serie. Ben scritto (un episodio è perfino ambientato in una sola location e con soli due attori), ottima regia e ottima fotografia. I teaser di ogni episodio sono delle vere perle.



House of Cards
Dal fantasy politico passiamo al thriller politico ossia quello di House of Cards. Frank Underwood, interpretato da un grande Kevin Spacey, si sente tradito dal suo presidente e allora escogita la sua vendetta. Se volete capire di politica, questa fa per voi e al giorno d'oggi capire la politica è importante. Poi, è una serie firmata Fincher.



The Newsroom
Anche qui si parla di politica. Ma, stavolta il punto di vista non è quello di un politico, ma quello dei giornalisti. Il pilot di una grande serie non può che partire con un grande teaser: un monologo sul fatto perché l'America non è più un paese democratico.


Scrubs
Un medical drama che ci parla della vita. Una serie che ci fa ridere e riflettere allo stesso tempo. Ogni episodio è una vera perla, tranne quelli della nona stagione che per i fan come me non esiste neanche.



Fringe
Procedural fantascientifico dove ha una forte mitologia e infatti è sempre prodotto firmato J.J. Abrams. Anche qui c'è un forte rapporto conflittuale con il padre tanto che Peter chiamerà suo padre sempre con Walter e mai con papà. Tra l'altro questa serie è un'ottima maniera per imparare la scienza.


Person of interest
Una serie scritta da Jonathan Nolan, fratello del regista Christopher, non può essere che una grande serie. Lo spunto ricorda quello di Minority Report, ma non sapendo se la persona d'interesse sia un carnefice o la vittima i protagonisti indagano prima che avvenga in crimine. Vengono approfonditi molto i personaggi su cui devono indagare e  quindi abbiamo storie di persone comune. Un interessante procedural che piano piano è diventato fantascienza e si immagina un mondo dove siamo controllati da una macchina e quindi non c'è più il concetto di privacy. Ma siamo sicuri che sia fantascienza e non ci siamo già in questo mondo?



Black Mirror
Una serie che parla del rapporto dell'uomo con la tecnologia e come questa ha peggiorato la società. Sono state fatte due stagioni più uno speciale natalizio. Anche qui c'è la stessa domanda: è fantascienza oppure il mondo immaginato in questa serie esiste già?


The Flash
E' uno spin off della serie Arrow, ma sta supera di gran lunga la sua serie madre. Non è solo una una serie su un supereroe, ma una una serie fantascientifica. Infatti, il protagonista è uno scienziato forense e i suoi alleati sono degli scienziati. Per sconfiggere i villain di turno, oltre a usare la velocità di Flash, si usa la scienza. Ci sono inoltre viaggi nel tempo. C'è anche una cosa importante: una storyline interessante con tanti colpi di scena.Per non parlare delle tante citazioni alla cultura pop. Appena finisce la prima stagione ne parlo approfonditamente.



Daredevil
Dimenticatevi il Daredevil interpretato da Ben Affleck. Questa serie mostra Matt Murdock, di giorno un avvocato, di notte vigilante, che vuole migliorare la sua città e si deve scontrare con un boss della malavita, Wilson Fisk noto come Kingpin. E' più un noir che un una serie su un supereroe. La ciliegina sulla torta: ha una meravigliosa fotografia.


The Walking Dead
E' una serie sugli zombie ed è ben scritta con un'ottima regia (solitamente la regia delle serie delle televisioni via cavo hanno una regia cinematografica). Ha un solo difetto: essendo molto psicologica, alcuni episodi sono lenti e la lentezza si vede molto nella seconda stagione dove è ambientata interamente in una fattoria. Nonostante ciò, gli sceneggiatori usano gli zombie per parlare della società, proprio come faceva Romero.

martedì 17 marzo 2015

Birdman (o L'Imprevedibile Virtù dell'Ignoranza)

Mi viene in mente sempre quella frase che dice Miss Ritter, l'insegnante di Peter Parker in Amazing Spiderman "Una volta avevo un professore che amava dire agli studenti che esistono solo 10 trame diverse in tutta la narrativa. Be, io sono qui per dirvi che si sbagliava. C'è ne soltanto una: Chi sono io?" Tutte le grandi storie rispondono a questa domanda dove il protagonista cerca la propria identità e Birdman (o L'Imprevedibile Virtù dell'Ignoranza) è una di queste grandi storie, molto probabilmente è quella che dà una risposta migliore.

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Chi sono io? Da questa premessa il protagonista di questa storia è Riggan Thomson, un attore. Infatti, l'attore difficilmente riesce a trovare la propria identità poiché in lui vivono tante persone diverse con diverse storie. In Riggan vive Birdman, un supereroe che lui ha interpretato in tre film. Questo Birdman lo tormenta e non si stacca mai da lui, è il suo ghost, come direbbe John Truby. Ormai, lui è identificato da tutti con questo supereroe. L'unico modo per staccarsi da questa presenza è portare sul palcoscenico What we talk about when we talk about love di Raymond Carver. Infatti, l'unico modo per esistere è usare il teatro che è più reale del cinema. Ciò che distingue il teatro dal cinema è che non esiste il montaggio, è lo spettatore che fa il proprio montaggio. Proprio per questo motivo che il film è stato girato interamente in piano-sequenza (in realtà tanti piano-sequenza come aveva fatto Hitchcock in Nodo alla gola). Riggan vuole esistere e il piano-sequenza rappresenta la vita, vita che non è riuscito mai a vivere per colpa di Birdman e lo ha portato al divorzio con la moglie. Capisce i suoi sbagli portando in scena l'opera di Carver perché rivede qui la sua vita. "Volevo essere amato, essere amato da qualcuno in questo mondo".

Ma la perla registica di Iñarritu è nel finale. A un certo punto vediamo Riggan nel bagno ma contemporaneamente vediamo anche Birdman seduto sulla tazza del cesso. Il regista messicano ci sta raccontando visivamente che Riggan ha mandato a cagare Birdman.

domenica 8 marzo 2015

Le donne de La migliore offerta

La migliore offerta è il capolavoro di Giuseppe Tornatore, senza nulla togliere a Nuovo Cinema Paradiso. Ci sarebbero molte cose da analizzare come l'automa che piano piano si completa che non è altro che uno specchio del protagonista, il bunker dove tiene il suo tesoro rappresenta la sua solitudine e il suo cognome, Oldman, che ci dice già tutto del protagonista interpretato da Geoffrey Rush, ma voglio concentrarmi su un aspetto che ritengo quello principale del film: le donne.

Nel film la protagonista principale è Claire, la proprietaria di una villa di cui Oldman deve valutare il valore, poi c'è Sarah, la ragazza del restauratore che aiuta Oldman a costruire l'automa e infine c'è una terza ragazza particolare che si trova sempre nel bar davanti alla villa di Claire. Così nel film abbiamo solo tre donne, ma in realtà ce ne sono più. Queste rappresentano il tesoro di Oldman e sto parlando di dipinti che rappresentano le donne ed esaltano la loro bellezza.

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Sono quasi tutti dipinti famosi che magari avrete visto in qualche museo. Siccome oggi è l'8 marzo, citerei i nomi di queste donne. Così, potremmo ammirare la loro bellezza con sottofondo la colonna sonora del film composta dal maestro Ennio Morricone.


Non ci sono tutte, ma, se c'è qualcuno che ha visto film e ha riconosciuto qualche opera e volesse aiutarmi a finire l'elenco, sarei molto felice. 

Ecco qui le donne di Virgil Oldman:

Portrait of Felicitas Tucher, Albrecht Durer 
Albayde, Alexandre Cabanel
Portrait of young lady, Alexandre Cabanel
Kusinerna, Anders Zorn
Mrs Frances Cleveland, Anders Zorn
Mrs Symons, Anders Zorn
Ols maria, Anders Zorn
Portrait of Mrs Eben Richards, Anders Zorn
Portrait of a woman with a volume of Petrarch, Andrea del Sarto
Portrait of a lady, half-length, in a Blue Dress, Antonin Macheck
Portrait of queen Henrietta Maria, Anthony Van Dyck
Portrait of Maria Luisa de Tassis, Anthony Van Dyck
Portrait of a Barbara Cornelia Fabricius 
Portraif of a young lady, Bartolomeo Veneto
Eleonora di Toledo, Bronzino
Eleonora of Toledo and his son Giovanni de Medici, Bronzino
Lucrezia Panchatichi, Bronzino
Portrait of a girl with a book, Bronzino
La Jeune fille aux roses, Charles Chaplin
The Magdalene, Correggio
Joli Couer, Dante Gabriele Rossetti
Fanny Cornforth, Dante Gabriele Rossetti
La donna della finestra, Dante Gabriele Rossetti
A young Lady, Diego Rodriguez de Silva y Velasquez
Venus at her mirror, Diego Rodriguez de Silva y Velasquez
Olivia, Edmund Blair Leighton
Georgiana Burne Jones, Edward Burne Jones 
Vespertine Quies, Edward Burne Jones
Comtesse de la Chatre, Elisabeth Louisee Vigee Le Brun
Self Portrait, Elisabeth Louisee Vigee Le Brun
The Bather, Emmanuel Duval
Portrait of venetian lady, Eugene De Blaas
Portrait of a lady, said to be Marquise Chaimillard, Firmin Massot
Portrait of Carolina Zucchi, Francesco Hayez
Ritratto della contessa Luigia Douglas Scott, Francesco Hayez
Penitent Magdalene, Francesco Hayez
Flora, Evelyn De Morgan
Portrait of Juan Agustin Cean, Francisco Goya
Madame Sofia Naryshkina, Franz Xaver Winterhalter
Contess Varvara Alekseyvna, Franz Xavier Winterhalter
Lady Clementina Augusta Wellington, Franz Xaver Winterhalter
Portrait of madame Ackerman, the wife of chief finance minister of king Louise Philippe, Franz Xaver Winterhalter
Melanie De bussiere, Comtesse Edmond de Pourtales, Franz Xaver Winterhalter
Francoise Caroline Gonzague, Princess de Joinville, Franz Xaver Winterhalter
Pauline Sandor, Princess Metternich, Franz Xaver  Winterhalter 
The Empress elisabeth of austria, Franz Xaver Winterhalter
Princess Elizabeth Esperovna Belosselsky, Franz Xaver Winterhalter
Sofia Potocka, Countess Zamoyska, Franz Xaver Winterhalter
The Empress Maria Alexandrovna, Franz Xaver Winterhalter
Ritratto dell'arciduchessa Isabella, Frans Pourbus II
Portrait of donna Alba Regina del Ferro, three quarter lenght in a black dress holding a book, Giacomo Ceruti
Helen Rose Huth, George Frederick Watts
Portrait of a woman, Ghirlandaio
Mademoiselle Lanthelme, Giovanni Boldini
Portrait of Emiliana Concha de Ossa, Giovanni Boldini
La femme Au Chapeu Noir, Giovanni Boldini
Mademoiselle de Nemidoff, Giovanni Boldini
portrait of Lina Cavaliere, Giovanni Boldini
Portrait of Beatrice Cenci, Guido Reni
Portrait of the Artist's mother, Guido Reni
Portrait of a Noble Lady, Gustave Jean Jaquet
Venitienne a sa Toilette, Jacques Louis David
A lady in a black and white dress, James Jacques Joseph
Young lady in a Boat, James Jacques Joseph
Catharina Annette Fraser, Jan Adam Kruseman
Madame Frederic Reiset, Jean Auguste Dominique Ingres
Madame Aymon, Jean Auguste Dominique Ingres
Delphine Ramel, Madame Ingres, jean Auguste Dominique Ingres
Queen Caroline Murat, Jean Auguste Dominique Ingres
Mademoiselle Jeanne Suzanne Catherine Gonin, Jean Auguste Dominique Ingres
Portrait de la baronne de Rothschild, Jean Auguste Dominique Ingres
Louise Henriette de Bourbon Conti, Jean Marc Nattier
Louise Jopling, John Everett
Portrait of Unknown Girl, Joseph Lee
Half-Lenght Demi-Nude/ Fleus de Champs, Joseph Lefebvre
The Feathers Fan, Joseph Lefebvre
Portrait of a lady, Leonardo Da Vinci
Mrs Evan Gordon, Lord Frederick Leighton
Ritratto di Caterina Sforza, Lorenzo Di Credi
Salome, Lucas Cranach The Elder
Mademoiselle Madeleine Brohan de La comedie Francaise, Paul Jacques Aime Baudry
Portrait de Madame Louis Cezard, Paul Jacques Aime Baudry
Jeanne Samry in a Low Necked Dress, Pierre Auguste Renoir
Portrait of a young girl, Petrus Christus
La fornarina, Raffaello
La donna velata, Raffaello
La muta, Raffaello
Flora, Rosalba Carriera
Self Portrait holding a portrait of her sister, Rosalba Carriera
Self Portrait with a Harp, Rose Adelaide Ducreix
A Village Maiden, Ser George Clausen
Mrs Lewis Thomas Watson, Ser Joshua Watson
Portrait of Minerva Anguissola, Sofonisba Anguissola
Self Portrait at the Easel, Sofonisba Anguissola
Portrait of Mademoiselle Florentin, Thomas Couture
A woman in blue, Thomas Gainsborough
Ritratto di Eleonora Gonzaga, Tiziano
La bella, Tiziano
Violante, Tiziano
Portrait of young woman in red, Unknown Ancient roman
In The Garden, Vittorio Matteo Corcos
Pepper, Morgan Weistling
Portrait of the Artist sister in law, William Merrit Chase
The Birth of Venus, William Adolphe Bouguereau
Pretty girl, William McGregor Paxton
Alice Diudonne Chase Shinnecock Hills, William Merrit Chase
Young Woman, William Whitaker
La belle Angevine, Ted Seth Jacobs
Portrait of a beauty, William Clarke Wontner
La Vague, William Adolphe Bouguereau

domenica 1 marzo 2015

Cinema e giornalismo


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E' da un po' di tempo che volevo fare una riflessione sul rapporto tra cinema e giornalismo. Sono due mezzi di comunicazioni diversi, ma non così tanto. Si pensi che prima dell'avvento della televisione il cinema, oltre a intrattenere, fu utilizzato per informare. Il cinegiornale nasce proprio nei primi anni di vita del cinematografo in Francia e si diffuse maggiormente durante la seconda guerra mondiale. In Italia i cinegiornali furono usati come mezzi di propaganda del regime e nacque così l'Istituto Luce.

Il giornalismo si presta spesso come motore di una storia di un film. Ci sono film che hanno raccontato dei giornalisti e delle loro inchieste, come per esempio Tutti gli uomini del presidente dove troviamo un Robert Redford che interpreta un giornalista durante le vicende del Watergate. Gli articoli di giornale possono essere degli ottimi spunti per storie di film, basti pensare che a Hitchcock venne in mente di fare un film sugli uccelli dopo aver letto di un attacco di uccelli su un giornale e nacque così Uccelli.

Chi studia giornalismo conosce sicuramente la regola delle 5 W: Who, What, When, Where e Why. In pratica in un articolo di giornale si deve dire chi sono le persone coinvolte nel fatto, il fatto stesso, quando è successo il fatto, dove è successo il fatto e perché successo il fatto. Da notare che questa regola è più o meno la stessa per scrivere una sceneggiatura di un film.

Quindi, sia il cinema che il giornalismo raccontano di persone e delle loro azioni. Nel primo ci immedesimiamo in queste persone e abbiamo una visione soggettiva delle vicenda, mentre nel secondo abbiamo una visione oggettiva. Mi viene in mente le vicende della banda della Magliana che sono state raccontate attraverso il cinema e la televisione con Romanzo Criminale dove i personaggi vengono visti come degli eroi, mentre invece chi leggeva le loro vicende sui giornali li vedeva come dei criminali e assassini.

Il documentario è sicuramente la via di mezzo tra cinema e giornalismo: raccontare la realtà usando il linguaggio del cinema. Il più noto regista di documentari è sicuramente Michael Moore. Ci sono registi che si sono alternati tra cinema di finzione e documentari, come per esempio Werner Herzog e Wim Wenders. Del secondo regista mi era piaciuto moltissimo Il sale della terra ed è la dimostrazione che anche un documentario riesce a farti emozionare.

Così abbiamo registi che con i loro documentari sono giornalisti, ma possiamo avere anche il caso inverso cioè giornalisti che diventano registi. Pensiamo a Zoro Pif. Il primo, il cui vero nome è Diego Bianchi, è un giornalista che si occupa perlopiù della politica e ha un programma tutto suo, Gazebo, dove vengono mandati in onda dei reportage video realizzati da lui stesso in prima persona. Recentemente si è cimentato nella regia cinematografica con Arance e Martello. Il secondo, il cui vero nome è Pierfrancesco Diliberto, ha anche lui un programma tutto suo, Il testimone, e tutte le puntate sono delle inchieste che fa lui in prima persona dalle riprese al montaggio, proprio come un vero videomaker. Anche lui si è cimentato con la regia cinematografica con La mafia uccide solo d'estate.

Qualche settimana fa ho assistito a una lezione tenuta da due giornalisti, anzi sarebbe più corretto dire videogiornalisti. Usano soprattutto le immagini per dare la notizia senza far uso dello speech che è invece tipico dei telegiornali. Il punto per cui ho voluto far partire questa riflessione è che il videogiornalista lavora maggiormente per immagini, proprio come succede nel cinema dove il regista lavora molto per immagine. Il pubblico deve capire la storia di un film grazie solo alle immagini e dialoghi sono supeflui, così mi aveva insegnato a un corso di sceneggiatura e questo lo aveva detto anche Hitchcock "Il dialogo dovrebbe essere semplicemente un suono fra gli altri, solo qualcosa che esce dalla bocca delle persone, i cui occhi raccontano la storie per mezzo di espressioni visive.

Alla fine regista e il giornalista fanno la stessa cosa: raccontare storie. Un regista deve conoscere la realtà per raccontare le sue storie. In fondo, il cinema è uno specchio della realtà.

Non perdete tempo nelle scuole di cinema. E' meglio fare quattro giorni a piedi perché è un'esperienza che ti permette di conoscere il mondo. E poi leggete tanto, perché vi apre ad altre esperienze. Tirate su figli, è un'esperienza essenziale. Chi ha dei figli è più radicato nella realtà rispetto a chi non ne ha.
Werner Herzog

domenica 25 gennaio 2015

Il sale della terra

Questa è una recensione particolare. Farò parlare più le immagini che le parole visto che il film in questione è Il sale della terra di Wim Wenders, un documentario sul fotografo Sebastião Salgado. Il film non parla solo della sua vita, ma anche della terra e degli uomini che ci abitano, il sale della terra appunto. Salgado è un Dante moderno che con la sua macchina fotografica scende negli inferi per poi risalire in paradiso. Si, è possibile raccontare una storia solo con delle fotografie e Wenders c'è riuscito, regalandoci questo capolavoro.

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domenica 11 gennaio 2015

Il viaggio dell'eroe

Se c'è una cosa che mi ha affascinato negli ultimi tempi è il viaggio dell'eroe. Christopher Vogler, rifacendosi a L'eroe dai mille volti di Joseph Campbell, scrisse Il viaggio dell'eroe che è un manuale di sceneggiatura. Secondo Vogler esistono gli archetipi che sono presenti in tutte le culture e in tutte le storie: l'Eroe, il Mentore, il Guardiano della Soglia, lo Shapeshifter, l'Ombra e il Trickster. Dice inoltre che la storia dell'Eroe è sempre un viaggio: lascia il suo mondo ordinario per entrare in un mondo straordinario, affronta delle varie prove che lo cambiano per ritornare infine nel mondo ordinario. Il viaggio può essere anche un viaggio interiore.

Questo è in sintesi il viaggio dell'eroe:
1.  Gli Eroi vengono presentati all'interno del loro MONDO ORDINARIO dove
2.  ricevono la CHIAMATA ALL'AVVENTURA.
3.  Inizialmente sono RILUTTANTI e RIFIUTANO LA CHIAMATA, ma
4.  un mentore lo incoraggia a
5.  SUPERARE LA PRIMA SOGLIA e a entrare nel mondo straordinario, dove
6.  si imbattono in PROVE, ALLEATI e NEMICI
7.  Si AVVICINANO ALLA CAVERNA PIU' PROFONDA superando una seconda soglia
8.  e sostengono LA PROVA CENTRALE nella caverna più profonda
9.  Si appropriano  della loro RICOMPENSA
10. Vengono inseguiti lungo la loro VIA DEL RITORNO nel Mondo Ordinario
11, Superano la terza soglia e vivono l'esperienza della RESURREZIONE che li trasforma.
12. RITORNANO CON L'ELISIR, una dote o un tesoro di cui beneficerà il Mondo ordinario.

Guerra Stellari, conosciuto anche come Una nuova speranza, si rifà moltissimo al viaggio dell'eroe. Infatti, George Lucas era un grande estimatore e amico di Joseph Campbell. Ma non userò il suo film come esempio per spiegare questo viaggio dell'eroe, bensì Matrix dei fratelli Wachowski, il mio sci-fi preferito.

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1. Vediamo il mondo ordinario di Thomas Anderson che di giorno è un impiegato, ma di notte è un hacker con il nome di Neo.
2. Riceve la chiamata all'avventura ossia l'incidente scatenante o catalizzatore che dà avvio alla storia ed è una chiamata nel vero senso della parola perché lo riceve attraverso il telefono mentre sta in ufficio. In realtà anche il FOLLOW THE WHITE RABBIT può essere anche questo una chiamata all'avventura che è stato ripreso da Alice nel paese delle meraviglie di Carroll e il paese delle meraviglie è il mondo straordinario di Alice.
3. Rifiuta questa chiamata all'avventura e infatti viene arrestato dagli Agenti.
4. Dopo il suo arresto incontra Morpheus, il Mentore, che gli spiega cos'è Matrix. e mette l'Eroe davanti a una scelta: se sceglie pillola blu si risveglia a casa sua come se non fosse successo niente e ritorna alla vita di tutti i giorni, mentre invece se sceglie pillola rossa entra nel "paese delle   meraviglie".
5. Sceglie ovviamente la pillola rossa ed entra nel mondo straordinario che è il mondo reale, non quello ordinario che è fittizio. Finisce qua il primo atto e inizia il secondo atto.
6. Le prove di Neo sono il suo addestramento e l'incontro con l'oracolo. I suoi Alleati sono ovviamente tutti i membri della Nabucodonosor, a parte Cypher che si rivela essere uno Shapeshifter ossia da buono diventa cattivo. Tradisce i suoi Alleati e consegna Morpheus ai Nemici ossia gli Agenti.
7. Neo e Trinity decidono di addentrarsi nella caverna più profonda ossia il palazzo dove è tenuto prigioniero Morpheus.
8. In questa prova centrale affrontano gli Agenti e i loro uomini.
9. Dopo aver affrontato la prova centrale hanno la loro ricompensa ovvero la liberazione di Morpheus. Qui finisce il secondo atto e inizia il terzo.
10. Qui Neo durante la loro fuga affronta l'Agente Smith che è l'Ombra ossia l'antagonista.
11. Neo muore ma resuscita. Capisce di essere veramente l'Eletto e uccide senza difficoltà l'Agente           Smith.
12. Neo decide di mostrare la verità all'umanità.

Questa è la formula perfetta per scrivere un film di successo. Guerre Stellari ha seguito questa formula e la trilogia ha avuto il successo che conosciamo tutti.  Ma anche il recente Interstellar di Nolan contiene il viaggio dell'eroe: Cooper vive nel suo mondo ordinario, riceve una chiamata all'avventura, ma rifiuta questa chiamata, ma incontra il dottor Brand (il Mentore) che lo convince a partire, lascia così il mondo ordinario per addentrarsi nel mondo straordinario ossia nello spazio, affronta varie prove nello spazio insieme ai suoi alleati, ma si addentra nella caverna più profonda ossia il pianeta del dottor Mann che l'Ombra e qui affronta Mann, ma muore e resuscita per poi ritornare a casa.

Anche Il signore degli anelli è un viaggio dell'eroe. Sicuramente Tolkien non ha letto il libro di Campbell o quello di Vogler, ma, essendo un professore di letteratura, conosceva bene i miti di ogni cultura e così che ha scritto un libro di successo che è poi diventato anche un film cult.

Il viaggio dell'eroe non si limita solo alla fantascienza o al fantasy, ma anche ad altri generi come lo storico (Il gladiatore) e il western (Balla coi lupi). Tra l'altro sia il film di Scott che quello di Costner hanno vinto parecchi premi ed è l'ennesima dimostrazione che se si segue il viaggio dell'eroe, si fa un film di successo.

Simon Pegg ed Edgar Wright non hanno mai negato che si sono rifatti al viaggio dell'eroe per la loro trilogia del cornetto: L'alba dei morti dementi (Shaun of the dead), Hot Fuzz e La fine del mondo (The World's End). Qui Overthinkingit analizza la trilogia del cornetto seguendo le fasi del viaggio dell'eroe. Seguendo proprio questa formula che i tre film sono diventati dei cult.

In realtà in ogni storia ritroviamo il viaggio dell'eroe: si possono omettere alcune fasi del viaggio, aggiungere delle fasi, ma anche invertire delle fasi. Per esempio, qualcosa del viaggio dell'eroe l'ho pure ritrovato in American Sniper di Eastwood: il protagonista decide di arruolarsi nell'esercito dopo aver visto in televisione un attentato (chiamata all'avventura), lascia il suo mondo ordinario per addentarsi nel mondo straordinario dove incontra il Mentore e vari Alleati,  poi nella prova centrale affronta l'Ombra ossia il cecchino nemico, per poi ritornare nel mondo ordinario.

Proprio per questo che il viaggio dell'eroe è chiamato anche monomito da Campbell. Così, non ha tutti i torti Miss Ritter, l'insegnante di Peter Parker in Amazing Spiderman, quando dice:  Una volta avevo un professore che amava dire agli studenti che esistono solo 10 trame diverse in tutta la narrativa. Be, io sono qui per dirvi che si sbagliava. C'è ne soltanto una: "Chi sono io?"